Il documento si intitola «Linee programmatiche 2016-2021 per il governo di Roma Capitale»: 44 pagine divise in 14 capitoli che tracciano i prossimi cinque anni dell’amministrazione di Virginia Raggi. È cominciato a circolare ieri dopo la giunta fiume del giorno precedente. Verrà presentato in consiglio comunale nei prossimi giorni. Non si parla di Olimpiadi, del resto Raggi su questo è stata chiara: ne riparliamo ad ottobre. Ieri Frongia ha ribadito: «Non sono una priorità». Nelle prime pagine c’è la prima e unica citazione. È riservata a Bob Kennedy e alla sua definizione di qualità della vita intesa come «tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta».

La giunta si impegna a costruire «un sistema di misurazione della qualità dei livelli di vita dei cittadini romani e del loro benessere percepito». Verrà adottato un Piano regolatore sociale, strumento che 12 anni fa caratterizzò l’azione della prima giunta Veltroni. Raggi ha detto che «per la prima volta sono i romani a decidere per loro». Forse si riferiva alla consultazione online interna tramite cui qualche centinaio di iscritti al M5S romano individuò i temi cardine della futura giunta.

Tra di esse c’erano i trasporti. Secondo il testo, «grande importanza verrà data alla realizzazione di nuove linee tramviarie». Pende l’enorme scandalo della linea C della metropolitana, costosissima e ferma a San Giovanni, alle porte della città storica. Sulla grande opera non si sprecano tante parole: si evoca un «urgente ragionamento da aprire con la città». E le risorse? Prima diamo un’occhiata alle cifre. Atac fattura 860,5 milioni all’anno. Di questi poco più della metà arrivano dal Comune e 92 dalla RegioneLazio. La vendita dei biglietti copre solo un terzo dei ricavi. Si conta di far pagare il biglietto ai romani tramite «strumenti di controllo tecnologico», più controllori e introducendo l’obbligo di salita dalla porta anteriore degli autobus.

In materia urbanistica si propone di restringere «gli istituti di deroga discrezionali, quali le compensazioni urbanistiche e gli accordi di programma in variante urbanistica», cause della crescita dissennata del cemento. Compare una delle proposte che l’assessore competente, Paolo Berdini, ha anticipato ai movimenti: «L’uso del patrimonio pubblico, comprese le caserme che lo Stato è in procinto di trasferire a Roma Capitale, per risolvere il problema dell’emergenza abitativa e del fabbisogno di alloggi popolari».

In cima al programma c’erano anche i rifiuti, vera spina nel fianco della giunta in questi giorni. Qui interviene una delle intuizioni del super-assessore al bilancio, alle partecipate e al patrimonio. «Acea deve dare una mano alla soluzione dell’emergenza rifiuti nella capitale», ha detto Marcello Minenna parlando ai dirigenti, qualche giorno fa. L’idea è di mettere in gioco le risorse della municipalizzata dell’acqua e dell’energia, i cui utili degli ultimi dieci anniraggiungono 1,2 miliardi. «Roma Capitale e la sindaca devono reclamare, rivendicare e riappropriarsi del ruolo di indirizzo operativo e di vigilanza del socio di maggioranza e ricondurre Acea a servizio della città».

Si propone di attivare la raccolta differenziata porta a porta «nei Municipi urbanisticamente predisposti o che abbiano un grado di efficienza discreta in relazione alla raccolta già in corso» mentre «i Municipi non idonei effettueranno la raccolta secco–umido». Nonostante le inefficienze di Ama, la municipalizzata della pulizia urbana, la raccolta dell’immondizia costa 250 euro all’anno ad ogni romano: il 51 per cento in più della media nazionale.

Come per i trasporti, è alto il tasso di evasione. Come il governo ha pensato di fare per il canone Rai, spunta l’idea di unire il pagamento della tassa comunale sui rifiuti «alla bolletta elettrica o idrica di Acea». In compenso ci si impegna a «una gestione pubblica e partecipata del servizio idrico».

La questione degli spazi sociali compare curiosamente al capitolo «sicurezza». «Argomento di particolare rilievo è quello rappresentato dalle occupazioni abusive di immobili», recita il documento. L’obiettivo è «la piena affermazione della legalità» attraverso bandi pubblici che però assicurino «il riconoscimento delle attività di solidarietà sociale già intraprese». Tra le priorità individuate in tema di politiche securitarie ci sono anche gli «insediamenti abusivi», che saranno soggetti ad «attività di bonifica anche con l’ausilio delle Forze di Polizia dello Stato e con la presa in carico delle situazioni di particolare fragilità». Che dire dei «campi autorizzati o tollerati nei quali sono concentrati gli oltre seimila rom, sinti e camminanti»? «Rimane fermo l’obiettivo dell’amministrazione del superamento dei campi». «Particolare cura – si legge più avanti – sarà dedicata alle azioni finalizzate a perseguire il miglioramento della sicurezza percepita. Sarà costituita un’apposita struttura preposta al recepimento e alle segnalazioni dei cittadini».

Ultimo ma forse più importante: le risorse finanziarie. «L’amministrazione intende intervenire con un mirato programma di spending review». Non si parla dell’Audit sul debito monstre delle casse comunali, promesso in campagna elettorale per sapere cosa e a chi bisogna pagare i 12 miliardi che gravano sui romani. Ma su questo Minenna era stato abbastanza esplicito nei giorni scorsi, parlando al Sole 24 Ore: non è una delle priorità.