Non avrei mai pensato, quando la polizia dei colonnelli, che avevano fatto il loro colpo di stato, mi arrestò qui ad Atene, che – 52 anni dopo, negli stessi giorni di aprile – proprio qui avrei aperto la campagna elettorale di un partito di sinistra chiamato Syriza.

Nell’enorme spazio dello stadio del Pireo trabocante di gente.

E che subito dopo di me avrebbe parlato il leader di quel partito, il compagno Alexis Tsipras, che è però anche il primo ministro della Grecia.
Ho confessato che è la prima volta che faccio una campagna elettorale dalla parte del governo e non contro, non mi era mai capitato prima! Per la verità non era mai accaduto che in un paese dell’Unione Europea andasse al governo un partito della sinistra che usiamo chiamare «radicale», membro dello stesso gruppo parlamentare, il Gue, cui fa capo anche la nostra Sinistra. Con orgoglio lo ha sottolineato Tsipras: la novità è venuta proprio dalla piccola Grecia, il paese che ha vissuto nel dopo guerra la più pesante e prolungata oppressione.

C’è stato, nel suo discorso, un fortissimo richiamo alla lezione che alla sinistra greca, a lungo dominata da un partito comunista molto settario e stalinista, è venuta da quella italiana, e segnatamente dall’esperienza del Manifesto e del Pdup, richiamati del resto da tantissimi, moltissimi ex studenti esuli in Italia. (Che ci dicono «grazie», e io mi sento imbarazzata a dover spiegare perché in Italia siamo invece messi così male).

Tsipras ha insistito sulla necessità di costruire un’alleanza in Europa per un mutamento dell’Unione, una svolta che sotterri quella linea politica che ha prodotto tanta rabbia, aprendo la strada alla destra. Ma ha anche richiamato le esperienze positive che stanno crescendo, quella del Portogallo e quella della Spagna, nella speranza che venga riconfermata dal voto del prossimo weekend.

Nello stadio c’era una Grecia diversa da quella che avevamo visto nel 2015, quando in tanti affluimmo qui ad Atene nei giorni più drammatici della prima sfida alla Troika che da Bruxelles, senza alcun mandato del Parlamento Europeo, era venuta a imporre il suo diktat. Ma diversa, anche, da quella dei tempi durissimi che sono seguiti, quando gli entusiasmi si erano spenti ed era stato difficile spiegare che i rapporti di forza europei non consentivano altra strada se non quella di ingoiare la stupida medicina che veniva imposta, cercando di ripartire gli oneri nel modo più equo. Oggi è stato finalmente possibile invertire la linea, e cominciare a introdurre i primi miglioramenti: l’aumento del salario minimo innanzitutto. Ed è cresciuto il Pil, e il livello di occupazione.

Per questo è tornata la fiducia, nonostante gli attacchi della destra e le inevitabili contraddizioni in cui incappa anche il miglior governo. È tornato anche l’entusiasmo. I sondaggi elettorali stanno registrando il cambiamento. Anche se lo stadio non è tutto il paese, che torni la fiducia e l’impegno in così tanti militanti, è già un bel passo avanti.

La lista dei candidati che ieri sono stati presentati è bella e variopinta. Neppure la mia vetusta presenza, così come quella di alcuni protagonisti eroici dei tempi della dittatura, è riuscita ad elevare la bassissima media d’età: molta società civile, cantanti, attrici e attori, musicisti, scienziati, campioni olimpici, lavoratori, ragazze e ragazzi. Insomma: un bell’inizio, allegro.