Non sono sospetto di pregiudizi verso gli amici Montanari e Falcone, che abbiamo apprezzato tra i più attivi animatori del Comitato nazionale del No al referendum costituzionale. Semmai il contrario. Ho fatto anch’io la campagna per il No a una riforma sbagliata nel metodo e nel merito.

Ho stilato io stesso il documento sottoscritto da dieci parlamentari Pd schierati per il No in dissenso dal partito. Tuttavia nutro qualche riserva sul Manifesto titolato «alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza» che dà appuntamento il 18 giugno per porre le basi di una iniziativa politico-elettorale della sinistra unita. Intendiamoci: sono largamente condivisibili i contenuti dell’appello, soprattutto quando proclama il dovere di «prendere sul serio» la Costituzione, di rispettarla e attuarla in ogni sua parte. A cominciare dalla implementazione di una «democrazia sostanziale» che si concreti in politiche tese all’uguaglianza.

Vi sono però due profili che non mi convincono. Il primo: dare l’idea che, muovendo dalla esperienza dei Comitati del No, possa sortire un attore politico di parte (anche se si tratta della mia parte, la sinistra). Proprio chi si è battuto contro la riforma Renzi-Boschi ha fatto leva sul seguente argomento: non si fanno le Costituzioni di parte. La Costituzione del governo è una contraddizione in termini. La Carta è la Regola comune per eccellenza, quella che presiede alla vita dentro la casa di tutti. Su queste basi, i Comitati del No dovrebbero considerare esaurita (positivamente) la loro missione con la celebrazione del referendum che, provvidenzialmente, ha bocciato quella riforma cattiva e partigiana. Qualora proprio si ritenesse di dare un seguito a quella meritoria e riuscita esperienza partecipativa, essi potrebbero utilmente applicarsi a un’azione educativa e culturale mirata a promuovere quella che Dossetti amava chiamare la «coscienza costituzionale». Non a un’impresa politica di schieramento, che pure, mi è chiaro, non sarebbe formalmente intestata a loro.

La mia seconda riserva: la prospettazione di una iniziativa elettorale di tutte le sinistre unite. Troppo e troppo poco. Troppo perché i principi costituzionali possono conoscere una pluralità di trascrizioni politiche, non una sola. Troppo poco, perché non ci si dovrebbe rassegnare all’idea che quei valori costituzionali universalistici non possano trovare riscontro in un campo di forze più vasto e plurale.

Perché non confidare che la Costituzione possa fecondare un più esteso fronte politico? Anche al centro e, a certe condizioni, persino a destra, una destra repubblicana. Azionisti e dossettiani esageravano nel concepire la Costituzione quasi al modo di un programma politico, anziché come la suprema regola di garanzia, certo non politicamente agnostica, nel cui quadro tuttavia potessero convivere e alternarsi diversi indirizzi politici. La discussione circa l’offerta politica da approntare in vista delle prossime elezioni appartiene a un altro livello di discorso, quello appunto della politica e dei suoi attori.

Infine una chiosa. Qualcuno si è spinto sino a invocare un atto di contrizione da chi ha votato Sì al referendum. Un errore con qualche venatura integralista. Domando: possiamo organizzare un centrosinistra competitivo reiterando e cristallizzando la divaricazione tra quelli del Sì e quelli del No che ha attraversato il nostro campo? Fuor di ipocrisia: vogliamo mettere fuori da tale impresa, che so, Prodi e Pisapia? Anche se non abbiamo condiviso il loro Sì. Come prescrive la buona politica, a decidere convergenze e divergenze politiche devono essere contenuti e programmi, con uno spirito aperto, longanime e inclusivo. Non sarò certo io a minimizzare ciò che ieri ci ha diviso (il giudizio sulla riforma), ma dobbiamo pur considerare che la costrizione/semplificazione binaria (Sì o No) propria dello strumento grezzo del referendum ha polarizzato due campi dentro i quali tuttavia vivevano opinioni e motivazioni spesso assai diverse. E io non mi sentirei di sostenere che tutti gli amici e i compagni che si sono schierati per il Sì sarebbero refrattari ai valori della Costituzione.