Alla fine dell’inverno i tedeschi saranno vaccinati, guariti o morti». La previsione shock del ministro della Sanità, Jens Spahn, restituisce la misura dell’emergenza pandemica che in Germania è fuori controllo e collima con il monito dei medici della Sassonia pronti ad applicare il triage negli ospedali, cioè a «scegliere chi verrà curato e chi no». Ma è anche un alibi perfetto per nascondere i suoi clamorosi errori di gestione e l’incredibile «disastro di comunicazione» come è arrivato ad ammettere perfino il governatore bavarese Markus Söder. Ultima in ordine di tempo la raccomandazione di Spahn agli studi medici di non ordinare più di 30 dosi a settimana del farmaco Pfizer «perché le scorte di Moderna scadranno nei primi mesi del 2022 e vanno smaltite» che ha fatto infuriare chiunque sia impegnato a mettere il “boost” alla campagna vaccinale. «Un errore gigantesco», denuncia l’Associazione medici della Baviera mentre Kalus Holetschek, presidente della Conferenza dei ministri regionali della Sanità (Csu), bolla l’uscita come «un consiglio inaccettabile che distrugge la fiducia dei tedeschi nel pieno della situazione drammatica».

Ma sparano a zero sul ministro Cdu anche la governatrice del Mecleburgo-Pomerania, Stefanie Drese (Spd) che definisce il contingentamento di Pfizer «uno stop improvviso su una strada diritta», l’esperto di Sanità dei Verdi, Janosch Dahmen, per cui «Spahn ha tirato il freno a mano sulle vaccinazioni» e il vice-capogruppo di Fdp al Bundestag, Michael Theurer, convinto che si tratti di «uno scherzo di pessimo gusto». Quando anche l’Associazione medici dell’assicurazione sanitaria spiega a Spahn che le scorte di Pfizer bastano e il suo blocco provocherà solo «il ricalcolo delle dosi e la moltiplicazione delle consulenze, dato che è il vaccino con cui la maggior parte dei pazienti ha ricevuto l’immunizzazione», il ministro si scusa così: «Mi spiace se il mio cambiamento crea un sovraccarico di lavoro per i centri medici».

Come se non bastasse su Spahn alza il tiro anche la Csu favorevole sia al lockdown per non vaccinati sul modello austriaco quanto all’obbligo vaccinale cui si oppone la Cdu (oltre che il ministro degli Esteri Spd, Heiko Maas), mentre la stampa nazionale ricorda che la decisione di non prolungare lo stato di emergenza giuridico sulla pandemia è stata presa proprio dal ministro in carica, nonostante ora se la prenda con l’immobilità del governo Scholz che ancora non esiste.

La cancelliera Angela Merkel, invece, non dice una parola sulle critiche che investono il suo pupillo politico, ripetendo come un mantra solo che «la situazione è drammatica, le attuali misure non bastano e servono provvedimenti più duri altrimenti si rischia di vanificare gli sforzi fatti finora». Ma non è l’unica a giocare due partite parallele di fronte all’esplosione dei contagi: il governatore Spd di Berlino, Michael Müller, si appella alla responsabilità sociale dei cittadini confermando multe da 100 a 10 mila euro per chi trasgredisce le norme anti-contagio.

Eppure nella capitale, al contrario della Baviera, i mercatini di Natale hanno ricevuto il via libera (seppure con la regola del “2G”) nonostante gli ospedali berlinesi abbiano sospeso gli interventi ordinari di fronte a 200 posti letti in meno nelle terapie intensive rispetto all’anno scorso, e l’indice di infezione settimanale ieri segnasse ben 338 nuovi casi su 100 mila abitanti. E non sembra essere risolutivo neppure l’obbligo di test antigenico per l’accesso alle case di cura: «In queste aree critiche si dovrebbero fare i più affidabili test Pcr», raccomanda Jonas Schmidt-Chanasit, virologo dell’Università di Amburgo.