Il ministro degli Interni, Bruno Le Roux, si è dimesso, costretto perché travolto da uno scandalo simile a quello che coinvolge il candidato della destra alle presidenziali, François Fillon: quando era parlamentare, ha “assunto” come assistenti le due figlie tra il 2009 e il 2016, per una remunerazione complessiva di 55mila euro. Con il particolare che le due ragazze, per i primi contratti, avevano 15 e 16 anni. E’ stato sostituito da Mathias Fekl, finora sottosegretario al commercio estero.

Il coperchio sulla pentola della cucina della politica francese si sta sollevando poco per volta e la ricetta appare sempre più infetta. Il Canard Enchainé pubblica oggi nuove rivelazioni su Fillon e la sua società di consulenza F2. Nel 2015, avrebbe intascato 50mila euro per aver messo in contatto un miliardario libanese, Fouad Makhzoumi, uno dei leader mondiale delle pipelines, con possibili clienti, tra cui Putin (a cui Fillon è vicino) e l’ad di Total. E c’è di più: sarebbero venuti fuori dei falsi documenti fatti dai Fillon, per provare il “lavoro” di Penelope (e sui vestiti regalati, Fillon non è più solo: anche Pierre Moscovici, commissario Ue all’Economia, ha ricevuto in omaggio un completo di Arnys, il sarto di lusso, ma, assicura “è un vero regalo di veri amici”).

Anche la rivelazione sulle figlie di Le Roux è venuta da un’inchiesta giornalistica. Le Roux in mattinata aveva cercato di minimizzare: “facevano dell’archiviazione” e cose del genere, un lavoro del poteva anche essere fatto senza mettere i piedi all’Assemblée. L’inchiesta ha pero’ rivelato che le ragazze, mentre erano “assistenti parlamentari” erano, per un certo periodo, una in stage in Belgio e l’altra frequentava i corsi di una classe preparatoria (per passare i concorsi della Grandes Ecoles), che tutti sanno essere estremamente impegnativi. Le Roux parla di “orari rafforzati” per le ragazze stakanoviste, dei “job d’estate”. Il primo ministro, Bernard Cazeneuve, ieri mattina era furioso: “quando si tiene all’autorità dello stato, si deve essere impeccabili di fronte alle istituzioni e alle regole che le reggono, in caso contrario l’autorità dello stato viene abbassata”.

La Procura finanziaria ha aperto ieri un’inchiesta preliminare. Ha fatto cosi’ tacere le sole critiche venute dalla destra di Fillon: speriamo che la giustizia rispetti gli stessi tempi accelerati che ha adottato per mettere sotto inchiesta François Fillon, ormai indagato per aver assunto come assistente parlamentare la moglie Penelope e due dei figli, Marie e Charles, per remunerazioni che complessivamente hanno superato il milione di euro, per impieghi sospettati di esseri fittizi. Il Ps ha difeso mollemente Le Roux in mattinata: per il segretario, Jean-Christophe Cambadelis, “il problema non è assumere dei parenti, ma verificare che abbiano lavorato davvero”. A reagire con indignazione ieri è stato soprattutto l’entourage di Emmanuel Macron. Per Christophe Castaner, “se i fatti vengono confermati, non ho dubbi che Cazeneuve chieda le dimissioni” di Le Roux. La destra, invece, fa profilo basso sul merito del caso Le Roux, vista l’incriminazione di Fillon. Uno dei portavoce, Bruno Retailleau, ha affermato che la pratica di assumere parenti è “molto diffusa”. Discrezione anche al Fronte nazionale, Marine Le Pen è implicata negli impieghi fittizi di collaboratori al Parlamento europeo.

Di scandali e impieghi fittizi hanno parlato molto poco i cinque principali candidati alle presidenziali nel lungo dibattito tv su Tf1 di lunedi’ sera. La trasmissione durata 3 ore è stata seguita in media da 9,8 milioni di telespettatori, il 48% dell’audience. I problemi giudiziari sono affiorati solo per un attimo, quando i due giornalisti hanno evocato vagamente “il clima degli scandali”, senza fare nomi. Solo Jean-Luc Mélenchon ha immediatamente reagito, accusando i giornalisti di “pudore da gazzella”: “qui, ci sono solo due persone implicate, Fillon e Le Pen, noi non abbiamo nulla a che vedere con tutto cio’, allora, per favore, non mettere tutti nello stesso sacco”. Mélenchon ha aggiunto, rivolto agli elettori: “non è proibito ricompensare i virtuosi e punire quelli che sembrano non esserlo”. Sottovoce, Marine Le Pen ha mormorato: “Robespierre”. Poi il candidato socialista Benoît Hamon ha fatto un’allusione a Fillon: “lei propone 500mila funzionari in meno, lei è molto bravo nelle sottrazioni, meno nelle addizioni quando si tratta del suo denaro”. Emmanuel Macron è stato interpellato su presunti “legami con le lobby”. In risposta, ha accusato Marine Le Pen di “diffamazione”. L’inedito dibattito tra i cinque principali candidati del primo turno è scivolato senza mai diventare un vero confronto di programmi. Ognuno ha seguito la propria corsia, i temi toccati sono stati numerosi – troppi – e le risposte brevi e poco approfondite. Macron è riuscito ad occupare il posto al centro e ha sfruttato il fatto di essere nuovo in politica. Marine Le Pen, inutilmente aggressiva, ha comunque incassato il fatto di essere presente, accettata come partner. All’Europa sono stati dedicati non più di 15 minuti.