Se i gesti significano sostanza, Peppe Provenzano ha voluto dare un segno al suo mandato nella sua visita a Palermo. Come atto simbolico il ministro del Sud e della Coesione territoriale, appena atterrato in aeroporto, si è recato in forma privata a Portella della Ginestra. L’allievo di Emanuele Macaluso – che è originario di San Cataldo (Cl) -, ha reso omaggio al sasso di Barbato e alle vittime della strage di lavoratori avvenuta il primo maggio del ’47, deponendo una corona.

«È una ferita ancora aperta finché non saranno realizzati i principi di libertà e uguaglianza sanciti dalla Costituzione», ha spiegato Provenzano. Sottolineando che Portella «non è solo il luogo del lutto, ma anche dell’orgoglio: quella prima strage di Stato non ha fermato la battaglia per la giustizia sociale». Concetti che il ministro ha ripetuto nelle altre due tappe: l’istituto omni-comprensivo intitolato a Piersanti Mattarella, fratello del capo dello Stato e assassinato dalla mafia nel ’80, e il centro educativo nel quartiere Danisinni, tra i più poveri della città e dove è cominciato un percorso di recupero sociale e urbano, che ha tra i protagonisti le donne e i bambini. «Non ho potuto rinunciare alla visita a una scuola a Palermo, parto dalla povertà educativa minorile, che è quella che rischia di impoverire il Mezzogiorno. Al Sud mezzo milione di bambini è in povertà educativa minorile. Il calo della partecipazione alla scuola è il vero allarme, anche alle scuole secondarie. Inoltre gli abbandoni stanno riguardano sempre di più le scuole primarie». «Avrei dovuto partecipare al consiglio dei ministri, ma mi sono giustificato col presidente Conte dicendo che sarei andato in uno dei luoghi più prestigiosi della Repubblica, la scuola», ha spiegato il ministro raccontando che quando ha giurato davanti al presidente Mattarella ha pensato alle sue maestre. «La priorità di questo governo è agire sulla fascia di età 0-6 anni, partendo dagli asili nido – ha assicurato -. La scuola non può più essere lasciata sola. Anche quando ce la fa con eroismo, con gli stipendi scandalosamente bassi degli insegnanti, poi viene lasciata sola».

Senza entrare nel merito del programma che intende portare avanti («lo renderò noto nei prossimi giorni»), il ministro Provenzano ha però chiuso la porta al progetto di autonomia pensato in Veneto. «Non ho voglia di continuare le polemiche col governatore Zaia, penso che quello che chiedeva lui spaccava il Paese, cioè di trattenere le risorse sul territorio del Veneto», ha argomentato. «Il Sud non ha bisogno di essere assistito ma di ritrovare un suo progetto che sia utile all’Italia e all’Europa, che deve tornare a guardare al Sud: gli investimenti nel Mezzogiorno sono esattamente l’opposto dell’assistenzialismo, quando si è investito al Sud questo ha consentito all’Italia di compiere quel miracolo economico che è stato un insieme di politiche».