Nonostante i lavori a terra procedano spediti e siano a buon punto, il gasdotto Tap ha trovato sul suo percorso una barriera naturale sottomarina, che potrebbe non poco comprometterne la sua definitiva realizzazione.

In prossimità dell’exit point, il punto in cui il microtunnel sottomarino penetra il fondale sabbioso per passare sotto la spiaggia di San Basilio e sbucarne al di là, dove sono stati espiantati e ripiantati i primi ulivi nel primo grande cantiere su terra, Tap si è trovata di fronte un gruppo di biocostruzioni, vere e proprie strutture coralline scoperte già con il progetto Biomap della Regione Puglia del 2011 e dalle attività di monitoraggio del mare pugliese da parte di Arpa Puglia.

Un problema di non poco conto, se è vero che è stato lo stesso Consorzio a presentare lo scorso maggio al ministero dell’Ambiente, un’istanza per l’avvio del procedimento di verifica di assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale per l’eventuale interferenza tra la condotta sottomarina del gasdotto e gli affioramenti di biocostruzioni. La cui prima soluzione progettuale per Tap non interferiva «con le biocostruzioni di dimensioni più rilevanti, prevedendo soltanto interferenze minori sull’ambiente marino circostante».

Una volta però appurato di non riuscire a rispettare la prescrizione «A9», che impone una distanza minima di 50 metri dalla barriera, andando ad impattare per un raggio di oltre due chilometri, si è deciso di chiamare in causa il ministero dell’Ambiente che in un documento dello scorso maggio rilevava di voler «valutare in maniera dedicata e approfondita le minime interferenze ed eventualmente individuare le più opportune misure di compensazione continuando a garantire la massima sostenibilità del progetto sul Piano ambientale».

Di fatto, questo passaggio potrebbe riportare la realizzazione del gasdotto Tap in un vicolo molto stretto. Data per certa l’apertura della procedura di Via, visto che il Consorzio sarebbe costretto a una variazione progettuale (ed in base alla prescrizione A57 tutte le varianti all’opera devono essere assoggettate a verifica di assoggettabilità a Via), si dovrà fare i conti anche con una modifica alla legge regionale in materia di Via e Aia, nella quale è stato inserito un articolo in sede di Bilancio di previsione, che introduce il concetto di «resilienza degli ecosistemi». In pratica in ogni nuova procedura di Via si dovrà ora tenere conto della «capacità di un ecosistema di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stato sottoposto a una perturbazione che l’ha allontanato da quello stato».

Non solo. Perché la Regione potrebbe decidere, dopo anni di richieste, di istituire attraverso una delibera di giunta un Sic (Sito di Interesse Comunitario) nella zona di San Foca dove è previsto l’approdo del gasdotto. E sulla base della quale la Comunità Europea può inserire la zona nella rete dei siti natura duemila. Richiesta che da anni porta avanti il movimento No Tap (e qualche consigliere regionale del Movimento5Stelle) per il tratto di mare antistante le coste di Melendugno quale area potenzialmente eleggibile a nuovo Sic Marino (o all’ampliamento di un Sic già esistente). Anche se lo stesso governatore Michele Emiliano, quest’estate ha dichiarato che l’eventuale istituzione del Sic, molto difficilmente fermerebbe la realizzazione del gasdotto. Che per la Procura di Lecce in alcune opere a terra è stato realizzato senza seguire le indicazioni della Valutazione di impatto ambientale ed in violazione dei vincoli paesaggistici contaminando la falda.