«Non ci aveva detto di far parte di una loggia massonica, non può stare nel Movimento. Gli abbiamo inibito l’utilizzo del simbolo, per lui è game over»: appena arrivato a Napoli, ieri mattina, il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio si ritrova con due grane da disinnescare. L’avvocato di Castellammare Catello Vitiello, iscritto alla loggia La Sfinge (ma ha chiesto di essere «messo in sonno»), candidato 5S nel collegio uninominale della sua città, non rinuncia a correre nonostante sia stato invitato a ritirarsi, e l’affare rimborsi mancanti al Fondo per la piccola e media impresa.

Da Firenze Matteo Renzi attacca: «Ci hanno detto per anni che eravamo la massoneria: i massoni li candidano loro. Ogni giorno il capo dei 5 Stelle si alza e dice: ’questo non ci rappresenta’». Di Maio replica: «Se scopriamo che qualche candidato appartiene alla massoneria lo cacciamo. Renzi, invece, ci fa il governo insieme. È successo sia con Berlusconi, tessera P2 numero 1816, che con Verdini, di cui sono note le frequentazioni massoniche».

Se il caso Vitiello viene liquidato con l’espulsione, il secondo è più difficile da depotenziare. Il Pd, che in Campania rischia di finire dietro il centrodestra e i 5 Stelle, incalza con Ettore Rosato: «Lo raccontate ai vostri elettori che chi fa la X sul vostro simbolo sceglie di eleggere un massone? E come la mettete con quei parlamentari che hanno fatto finta di restituire i rimborsi?». Mara Carfagna di Forza Italia sceglie l’ironia: «Di Maio pensa di abbattere i suoi candidati come birilli. Vitiello, Dessì, Cecconi, Martelli, la lista di chi viene costretto a firmare un documento di rinuncia al seggio, che è incostituzionale, si allunga di giorno in giorno. Il 4 marzo ne resterà soltanto uno». Arturo Scotto di Leu sottolinea: «Non solo ci sono le mele marce, e loro non possono cacciarle, ma quelle stesse mele marce portano i voti».

Le polemiche restano fuori dal Teatro Sannazaro, dove i 5 Stelle (assente Roberto Fico «per seri problemi famigliari») hanno riunito i rappresentanti delle associazioni professionali come i costruttori e gli artigiani, gli insegnanti dello Snals-Confsal, le Rsu dell’Avio di Pomigliano.

La platea è tutta per Di Maio: sburocratizzazione, stop alle coop che si occupano di migranti, sussidi alle famiglie per i moderati; via la Buona scuola e il Jobs Act, green economy e investimenti pubblici per i liberal. Quindi un avviso ai naviganti: «Renzi e Berlusconi dicono che se non c’è la maggioranza si torna a votare. In base ai sondaggi, Pd e Forza Italia insieme non fanno il 51%. Se ci portate al consenso che abbiamo raggiunto in Sicilia, il 35%, saremo a pochi seggi dalla maggioranza assoluta. Nella prossima legislatura o si passa dal M5s per un governo o si torna a votare. Se gli altri vogliono discutere sui temi va bene – conclude – visto che ci hanno copiato molte cose: dal reddito di dignità di Berlusconi al sostegno alle famiglie di Renzi».

Nel pomeriggio tappa a Scampia, nella palestra di judo del maestro Gianni Maddaloni. L’appuntamento più atteso è però in piazza Santa Croce a Torre del Greco. Sul palco infatti c’è Beppe Grillo, che segna il suo esordio nella campagna elettorale a sostegno di Di Maio. Il pubblico è composto da marittimi e piccoli risparmiatori truffati dal crack Deiulemar, che non hanno avuto alcun ristoro dal governo. «La legge Fornero va abolita» comincia Di Maio e poi, rivolto ai marittimi, «siete stati vittima dei business più differenti: dalla formazione alle assunzioni degli stranieri. Serve un salario minimo».

Il garante fa solo un mini show di pochi minuti. Partono i rintocchi dalla chiesa e Grillo: «Dio vieni giù e non mandarci più tuo figlio», pubblico in delirio. E poi attacca: «Gli armatori sono una categoria privilegiata, Carla Ruocco e Luigi Gallo avevano proposto una legge: se volete lo sconto sulle tasse dovete assumere il 30, 40% di personale italiano. I sindacati invece hanno siglato l’accordo per l’imbarco degli extracomunitari». Grillo insiste su un solo punto: «Le tasse dei comuni devono rimanere sul posto, dovete decidere dove vanno con un clic in rete. Lo stato non c’è più, il mondo si decentra con le città stato, lo aveva capito persino la Lega di Bossi». Il pubblico chiede la commissione d’inchiesta sulla Deiulemar ma non c’è più tempo. Applausi finali e selfie.