Il movimento MeToo la scorsa settimana ha improvvisamente investito la società indiana, portando a una catena impressionante di accuse, dimissioni e demansionamenti che ha coinvolto numerosi nomi di spicco del subcontinente. Secondo quanto riportato dai media locali, la scorsa settimana una ragazza ha denunciato in un tweet le molestie ricevute da Utsav Chakraborty – noto comico indiano – accusato di aver inviato foto non richieste del suo pene alla fan.

IN POCHE ORE altre donne hanno pubblicato accuse simili sempre nei confronti di Chakraborty, mettendo le basi per un processo di denuncia collettiva che nei giorni seguenti ha visto decine di donne denunciare colleghi di sesso maschile in diversi settori. A distanza di mesi dalla lista di professori molestatori pubblicata e aggiornata da decine di studentesse universitarie, grazie all’attivismo e alle denunce pubblicate online negli ultimi giorni sembra che anche in India il vaso di Pandora delle questioni di genere sia stato aperto, costringendo nomi pesanti del jet-set locale a prendersi la responsabilità pubblica delle proprie azioni.

TRA I MOLTI NOMI NOTI accusati di molestie fisiche o verbali ai danni di colleghe o fan spiccano quelli di Chetan Bhagat (scrittore e autore di numerosi bestseller in lingua inglese), Alok Nath (attore), Prashant Jha (giornalista), Vikas Bahl (regista e produttore cinematografico) e MJ Akbar (già direttore di diversi quotidiani indiani, oggi deputato del partito di maggioranza Bharatiya Janata Party). L’impeto del movimento MeToo indiano per ora si è fermato sulla soglia delle aule di tribunale: nonostante la valanga di accuse, al momento nessuno dei presunti molestatori risulta indagato. Ricordando l’insabbiamento mediatico che subì l’iniziativa «name and shame» delle studentesse universitarie indiane, la giornalista Geeta Pandey ha spiegato a Bbc perché, nonostante questa iniziativa spontanea, in India la strada del movimento MeToo è ancora tutta in salita: «Non sarà facile per coloro che sceglieranno di denunciare pubblicamente, specie per chi non dispone di prove a sostegno delle proprie accuse. Alcune hanno mostrato screenshot e messaggi privati inviati dai presunti molestatori, rendendo difficile negare le accuse. Ma in altri casi dove si finisce con “è la mia parola contro la tua”, molte donne che hanno denunciato molestie sono state minacciate di azioni legali per diffamazione e alcuni dei loro tweet, in cui facevano nome e cognome dei presunti molestatori, sono stati cancellati».

PER L’ORGANIZZAZIONE di giornaliste Network for Women in Media India siamo di fronte a un «momento spartiacque» per il giornalismo indiano nella denuncia del «rampante sessismo e misoginia» nel settore. In un comunicato del gruppo si invitano altre giornaliste indiane a denunciare le molestie subite «senza alcuna paura o inibizione».