Due star del calibro di Michael Douglas e Alan Arkin, un autore come Chuck Lorre sotto l’egida Netflix che non lesina mezzi e denaro. Ne esce Il metodo Kominsky una sit-com in otto episodi – e appena rinnovata per una seconda stagione – brillante e esilarante a tratti quanto profonda nella sua disanima della terza età, ricca di curiosi personaggi di contorno. Al centro della vicenda le vite di Sandy Kominsky (Douglas) attore disilluso e con una carriera in stand by – per sbarcare il lunario insegna recitazione – e del suo agente Norman (Arkin) fresco vedovo di Eileen (Susan Sullivan), la cui morte è anche il pretesto per raccontare le difficoltà di accettazione della vecchiaia (le malattie, la paura della morte, la solitudine). Un po’ come Grace and Frankie con Lily Tomlin e Jane Fonda, serie sempre targata Netflix sugli over 70, la sceneggiatura si appoggia sulle robuste spalle dei due mattatori, capaci di un’interpretazione ricca di sfumature. Funzionano anche i personaggi di contorno, la fidanzata di Kominsky, Lisa (Nancy Travis) e l’ombroso pargolo adolescente, o la figlia ironica e premurosa Mindy (Sarah Baker) e Phoebe (Lisa Edelstein), tossicodipendente primogenita di Norman.