«Potevo fare di più e farlo meglio, ma questo è un momento decisivo per prendere questa decisione». Suona con rammarico la risposta del primo ministro giapponese Shinzo Abe a una delle domande poste dai giornalisti durante la conferenza stampa, organizzata ieri per annunciare le sue dimissioni per motivi di salute.

La notizia, dopo giorni di pettegolezzi, ha sconvolto persino i colleghi del Partito liberal democratico che, fino a qualche giorno prima, avevano rassicurato sulle condizioni fisiche del premier affetto da una rettocolite ulcerosa. La malattia, che lo aveva già costretto a rinunciare all’incarico nel 2007, ha portato il leader conservatore a lasciare definitivamente la guida del Paese dopo quasi otto anni, chiudendo con un anno di anticipo il più lungo mandato sin dal dopoguerra.

QUANDO HA ASSUNTO LA CARICA nel 2012, il delfino dell’ex primo ministro Juniichiro Koizumi ha fatto sue diverse battaglie con lo scopo di sollevare il Giappone dalla depressione economica e riconquistare quello spazio in Asia e nel mondo minacciato dalla Cina.
Nel 2013, il leader giapponese ha promosso l’Abenomics, la strategia economica, fiscale e finanziaria che aveva lo scopo di combattere la deflazione e l’invecchiamento della forza lavoro attraverso una politica monetaria espansiva, spese fiscali e riforme strutturali.

Nel breve termine i risultati del progetto di Abe sono stati indiscutibili, ma con il tempo il sistema ha mostrato diverse lacune. Anche le promesse di una maggiore partecipazione delle donne nel lavoro – in particolare nella dirigenza imprenditoriale e nel governo – non si sono concretizzate, facendo finire in soffitta l’agenda della Womenomics.

MA LA DELUSIONE PIÙ GRANDE per Abe è sicuramente quella di aver mancato l’opportunità di mettere nero su bianco l’esistenza delle forze armate del Giappone, attraverso la modifica dell’articolo 9 della Costituzione: la carta, che è stata formulata dagli americani nell’era post imperialista, ha sancito la presenza di Forze di autodifesa che intervengono soltanto in caso di attacco diretto sul territorio giapponese. Una struttura costosa che non garantisce la sicurezza dalle minacce di Corea del Nord e Cina.

IL PREMIER USCENTE, interessato anche ai temi che i cittadini ritengono più importanti – riforma delle pensioni e aumento dell’iva, ha auspicato di vedere un impegno della futura amministrazione per riformare la costituzione nell’ottica della difesa nazionale. Durante l’incontro con la stampa, Abe si è scusato con il suo popolo per non aver concluso gli obiettivi di riconciliazione con Pyongyang, nonostante nel 2002 abbia reso possibile lo storico incontro in Corea del Nord tra l’ex capo dell’esecutivo Koizumi e l’allora leader Kim Jong Il per trattare il rilascio degli ostaggi giapponesi.

ABE, CHE HA CERCATO di rafforzare Tokyo economicamente e politicamente grazie all’intesa con Washington, non è riuscito a ricucire i rapporti con l’altro alleato americano nella regione, la Corea del Sud, per la posizione del presidente Moon Jae-in sulle atrocità commesse durante gli anni dell’occupazione giapponese nella penisola coreana.
La diplomazia nipponica ha volto lo sguardo anche verso Pechino. Dall’inizio del suo incarico, Abe ha dovuto difendere le isole contese di Senkaku (note in Cina come Diaoyu) nel Mar cinese orientale. Forse sarebbe stato anche questo il tema che avrebbe affrontato durante la visita storica del presidente cinese Xi Jinping a Tokyo prevista lo scorso aprile, ma posticipata a causa della pandemia.

NEL CONGEDARSI dai giornalisti, il premier Abe ha nuovamente affrontato il tema del Covid, annunciando di voler effettuare 200 mila tamponi al giorno, così da rilevare sia l’influenza sia il coronavirus.
Abe continuerà a guidare il Giappone fino a quando il suo partito non eleggerà un successore. In cima alla lista c’è Shigeru Ishiba, ex ministro della Difesa, ma tra i favoriti c’è anche Taro Kono, attuale ministro della Difesa; Fumio Kishida, ex ministro degli esteri; Yoshihide Suga, capo di Gabinetto e Taro Aso, attuale ministro delle Finanze. Difficile prevedere chi sarà il futuro premier, ma certamente dovrà fare i conti con l’eredità storica lasciata da Shinzo Abe.