E’ sbagliato l’approccio alla questione Mes, ragionando soltanto sulla somma cui si potrebbe accedere e sui tassi di interesse che si andrebbero a pagare per restituirla in un certo numero di anni. Piuttosto, bisognerebbe chiedersi perché si stia indorando sempre di più la pillola, fino a prevedere tassi negativi su un eventuale prestito. Proprio così: se l’Italia decidesse di prendersi i 36 miliardi, andrebbe a restituire, dopo sette anni, meno di quanto avrebbe preso. Ci pagherebbero per prendere i soldi del Mes, insomma.

Straordinario. Perché pagare ai mercati l’1,7% di interesse sui nostri titoli di Stato, quando il Mes i soldi ce li dà gratis, anzi pagandoci per prenderli? E’ il ragionamento che da ultimo ha fatto Nicola Zingaretti, che, in un’intervista al Sole 24 Ore, ha evidenziato come il ricorso al Fondo Salva Stati ci farebbe risparmiare almeno 580 milioni di euro all’anno sul servizio del debito.

Il segretario del Pd e tutti quelli che si chiedono perché dovremmo «sputare su questi soldi», però, non tengono conto di un piccolo dettaglio: il tasso di interesse sui titoli di Stato dipende largamente dalla politica monetaria della banca centrale.

Soprattutto in una situazione difficile come quella che stiamo vivendo, una politica monetaria ancora più accomodante da parte della Bce, sia dal lato del «tasso di interesse guida» che da quello degli acquisti di titoli – quantitative easing e PEPP, per capirci – , potrebbe fare crollare a zero il rendimento dei bond cosiddetti «sovrani». E rendere più appetibile per gli Stati come l’Italia il finanziamento «in proprio», attraverso l’emissione di proprio debito, come peraltro è stato già fatto con le due manovre «pandemiche» del valore di 80 miliardi, anziché sottoscrivere un «contratto» con il Fondo Salva Stati, la cassaforte pensata per gli Stati falliti o sull’orlo del fallimento.

Perché ciò non avviene? La risposta a questa domanda si trova nella filosofia che informa l’attuale governance europea. Se la Bce, oltre a «coprire» illimitatamente le emissioni statali, rendesse maggiormente conveniente il ricorso all’indebitamento sul mercato, gli Stati sarebbero indotti, complice la grave crisi in atto, a spendere senza freni, ma soprattutto con poche garanzie sul ritorno a «sane» politiche di bilancio, ovvero a politiche finalizzate all’abbattimento di deficit e debito, appena la bufera sarà passata. Prendendo i soldi dal Fondo Salva Stati, invece, il controllo sulla nostra politica economica e finanziaria sarebbe più stretto, più efficace. Non stiamo parlando, beninteso, di memorandum in stile greco. E’ una cosa più semplice, per quanto più subdola.

Con i numeri che circolano sull’entità della crisi, è facile immaginare un salto clamoroso del rapporto debito/pil nel nostro Paese (le previsioni più rosee stimano una percentuale intorno al 160%, quelle più nere fino al 180%). Il che potrebbe destare un allarme in ordine alla nostra solvibilità, oltre che alla stessa «stabilità dell’euro». Le avvisaglie, peraltro, ci sono già: nel solo mese di marzo ben 107 miliardi hanno lasciato il nostro Paese e si sono diretti verso i più sicuri lidi tedeschi. Se la situazione peggiorasse, il primo campanello suonerebbe a quel punto proprio in Lussemburgo, per effetto del cosiddetto Early Warning System, un meccanismo d’allarme preventivo sulla capacità di rimborso del debitore di cui può avvalersi il Mes, esplicitamente richiamato nel comunicato dell’Eurogruppo dello scorso 8 maggio. In sostanza, il Fondo Salva Stati, valutando la solvibilità del debitore pro domo sua (nella valutazione è inclusa anche la sostenibilità di medio e lungo periodo del debito di un Paese), andrebbe a svolgere una funzione di sentinella, con effetto interdittivo, per conto dell’intero sistema.

Dal lato del debitore, questo si tradurrebbe nell’induzione ad un maggiore disciplinamento della propria attività di bilancio. Avanzi primari più sostanziosi, meno spesa pubblica in rapporto alla raccolta fiscale. Intanto, Eurotower ha annunciato un aumento di 600 miliardi di euro del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP). Dove li prende tutti questi soldi la Bce? Da nessuna parte, li crea semplicemente dal nulla. Se un po’ di questo denaro, come accade in altri luoghi del mondo, finanziasse direttamente dei piani di ripresa, avremmo risolto tutti i problemi, compreso quello del Mes. Speriamo almeno che la partita del Recovery fund si chiuda nel miglior modo possibile.