«In Italia c’è un ritardo incomprensibile, o troppo comprensibile, sul riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, e in particolare omosessuali, che pone l’Italia a distanza dai principali Paesi europei». Non può non notarlo, il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova (Sc), aprendo i lavori del convegno alla Farnesina sulle persone Lgbti. «Personalmente penso che quando si arriverà ad un pieno riconoscimento del matrimonio paritario o di un’altra forma robusta sarà sempre troppo tardi».

Vede tracce dei diritti delle persone omosessuali e transessuali nella campagna elettorale per il prossimo voto europeo?

Sarebbe bello se nella prossima settimana si parlasse anche di diritti civili in Europa e si mettesse in risalto il ritardo italiano sulla questione Lgbti rispetto a quasi tutti i Paesi europei.

E magari si discutesse anche di uno standard europeo dei diritti.

Bisogna cambiare l’Europa per cambiare l’Italia, e viceversa. Penso che un’accelerazione su questi temi sarebbe accolta molto positivamente anche da noi. Non sto seguendo molto le campagne elettorali degli altri Paesi, ma se pensiamo ai principali, la questione in parte è già stata affrontata e risolta, oppure si discute di fare ulteriori passi in avanti, come in Gran Bretagna. In Italia però la politica è su posizioni meno avanzate della società, che non è diversa dal resto dell’Europa. E la questione Lgbti scompare dal dibattito elettorale perché c’è una sorta di don’t tell don’t ask. Si ritiene, a torto, che i cittadini non siano interessati. Invece, a 40 anni dalla battaglia sul divorzio, dovremmo ricordare che anche allora sembrava che il Paese non fosse pronto. Non era così, e secondo me il tema si ripropone ora un po’ allo stesso modo.

Lei auspica uno standard europeo dei diritti. L’occasione può essere il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo?

Fermo restando i principi generali, sono i singoli Paesi che devono muoversi. Ma noi abbiamo una sentenza della Consulta che è chiarissima rispetto al fatto che il pieno rispetto dell’articolo 2 della Costituzione sulle formazioni sociali coinvolge anche le coppie omoaffettive. Dovrebbe bastare quello per muovere il parlamento a recuperare velocemente l’ingiustificabile ritardo accumulato che pesa sulla vita di centinaia di migliaia di persone. Parlo di standard europeo, ma non perché debba servire a imporre qualcosa all’Italia. Non dovrebbe essere necessaria nemmeno la Corte costituzionale, ma c’è già quella sentenza a stimola la maggioranza politica verso un’accelerazione. Che io auspico.

Ha detto che c’è un «un ritardo incomprensibile sul riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali». Ma non dovrebbe accusare soprattutto la sua parte politica: il centrodestra?

No, non Scelta civica. È anche questa una delle ragioni per cui ho lasciato il Pdl. E ora non mi collocherei più nell’area del centrodestra. Comunque oggi vedo che anche dentro Forza Italia si cominciano a vedere posizioni diverse: penso a Galan, Prestigiacomo e altri. Sono convinto che, se si parte, i numeri in parlamento ci sono per un riconoscimento giuridico pieno delle coppie omosessuali. Temi riguardo ai quali siamo un po’ tutti vittime di paure che non hanno ragione di esistere. Perché, sia sul fronte della società che del diritto – richiamo di nuovo la Consulta –, ci muoviamo su un terreno molto preparato. C’è solo una minoranza che è contraria, molto attiva ma pur sempre una minoranza.

 

Eppure il testo di legge contro l’odio omofobico e transfobico, che avrebbe dovuto essere molto più facile da digerire rispetto al matrimonio gay, è stato approvato con troppa difficoltà alla Camera e ora è bloccato al Senato.

Sì, alla Camera è passato un testo su cui si può discutere, e ora al Senato bisognerà riprenderlo. Sicuramente c’è una minoranza contraria pugnace. Ma il motivo sta anche in tutta una serie di priorità istituzionali ed economiche che hanno assorbito le attività del Senato. Per quel che mi riguarda però penso che non può passare un’altra legislatura in cui il Parlamento si dimostri impotente sulla questione omofobia e sui diritti delle coppie omosessuali.