Martedì il governo presenterà il Def e, se tutto andrà bene, Padoan vorrebbe definire nella stessa riunione anche il contenuto della manovra correttiva da 3,4 miliardi promessa all’Europa. La buona intenzione c’è. I contenuti della manovrina invece no, perché il braccio di ferro tra Mef e Nazareno è tutt’altro che risolto.
Neppure sui contenuti del Def è stata ancora raggiunta un’intesa, ma lì qualcosa di più definito sembra già esserci. Nello specifico l’impegno a procedere nella privatizzazione delle partecipate, in particolare di Poste e Ferrovie. Dovrebbe invece saltare la riforma del catasto, che secondo Renzi comporterebbe una fragorosa smentita del suo impegno a non alzare le tasse proprio a ridosso della prova elettorale per lui più difficile.

Questo, almeno per ora, dovrebbe essere il punto di incontro raggiunto tra Padoan e il segretario in pectore del Pd, con Gentiloni in mezzo a fare da mediatore. Si tratta però di un punto di caduta fragile, e probabilmente tutt’altro che definitivo. Da un lato bisognerà vedere se l’Ue, che su catasto insiste, si accontenterà. Dall’altro lo stato maggiore renziano non ha affatto abbandonato l’idea di posticipare la nuova tranche di privatizzazioni di un anno. In fondo una cosa è il Def e un’altra, spesso molto diversa, la legge di bilancio che dovrebbe conseguirne.

Il rinvio era stato chiesto apertamente dai renziani nell’incontro tra Padoan e i parlamentari Pd. Un annetto, giusto il tempo necessario per affrontare le urne senza aver prima certificato il fallimento del triennio di governo renziano sul fronte della politica economica. Quel rinvio Padoan per ora non intende concederlo. A chi gli chiedeva cosa si perderebbe posticipando, ha risposto seccamente «credibilità». Solo che in questo caso la «credibilità» equivale a moneta sonante: se l’Europa non reputerà l’Italia «credibile», le trattative sulle clausole di salvaguardia, dopo l’estate, diventeranno impervie e una legge di bilancio che già si profila esosa potrebbe trasformarsi in massacrante.

Nel sempre meno sotterraneo braccio di ferro tra ministero e vertici Pd, comunque, la presenza della voce «privatizzazioni» nel Def equivarrebbe a un punto tutt’altro che secondario segnato da Padoan. La manovra che avrebbe dovuto mettere il ministro «tecnico» dell’Economia con le spalle al muro, prima la grande purga in Poste dove i sostenitori della privatizzazione sono stati fatti fuori in massa, poi la pressione dell’arena dei parlamentari dem, non è riuscita.

Non solo il ministro non ha ceduto ma la forza d’urto dei parlamentari Pd si è rivelata molto meno impetuosa di quanto l’ex premier sperasse. A parte i renziani di stretta osservanza, nessuno vuole uno scontro frontale con il governo che metterebbe a rischio la prosecuzione della legislatura fino a scadenza naturale. E’ significativo che ieri sia stato il capo dei senatori Zanda a smentire la qualifica di «ministro tecnico» attribuita da Orfini a Padoan (e a Calenda): «Quando si giura come membri del governo, quale che sia la nostra professione d’origine, da quel momento si diventa personalità politiche».

Il tentativo di adoperare l’«incidente« dell’elezione di Torrisi in prima commissione al Senato come strumento di pressione sul governo, si è infine risolto in una rotta. Da Renzi in giù, ieri, tutto il Pd ha dovuto assicurare in coro pieno sostegno a Gentiloni. In caso contrario il rischio di una rottura con il premier, che a tutt’oggi è il vero punto di riferimento di Renzi nel governo, e con Mattarella, che non ha nascosto il disappunto per lo sgangherato tentativo di arrembaggio dei renziani, sarebbe stato fortissimo.
La tensione però è solo sopita. Renzi continua a vagheggiare uno scioglimento delle camere subito dopo l’estate, per dribblare la legge di bilancio. Lo sfarinamento della maggioranza potrebbe dargli una mano. L’elezione di Torrisi, e poi l’insurrezione dei senatori di Ap che hanno messo Alfano in minoranza, dimostra che sul fronte della legge elettorale la maggioranza, sul lato destro, non c’è. Il Def, che gli scissionisti ex Pd non hanno alcuna intenzione di accettare a scatola chiusa, potrebbe confermarlo sul lato sinistro.