Quasi duecento anni fa, il poeta inglese P.B. Shelley si trovava a Livorno quando lesse una brutta notizia tra le pagine di un pacco di giornali provenienti dal suo paese natio. Shelley era un radicale, vegetariano, ateo, proto-comunista. Nei giornali appena arrivati lesse che c’era stato un massacro di radicali da parte delle forze dell’ordine. Ecco i fatti.
Il 16 agosto 1819, nella nuova città industriale, Manchester, a Saint Peter’s Fields, ci fu una grande manifestazione per le riforme e per la democrazia. La più grande manifestazione mai vista nella storia fino a quel momento. Una folla di 60-80mila persone – la metà della popolazione della città di allora – si riunì armata di bandiere e striscioni. Le donne erano vestite di bianco a dimostrazione della purezza della loro causa e avanzavano nell’avanguardia accompagnate dai loro bambini proprio per mostrare il loro intento pacifico. L’assemblea era legittima e gli organizzatori – incluso il famoso oratore Henry «Orator» Hunt – erano andati dai magistrati il giorno prima per farsi arrestare se questi ultimi avessero ritenuto che non ci fosse una giusta causa.
Quel lunedì mattina era, stranamente per Manchester, soleggiato. Famiglie intere arrivarono con i cestini con il pranzo ma senza alcolici. C’era anche un giornalista del Times, un avvenimento per Manchester, una città cresciuta all’improvviso grazie alla rivoluzione industriale. Gli operai volevano fare bella figura. Come scrisse il radicale Samuel Bamford, la folla voleva presentarsi «pulita, sobria, in buon ordine, pacifica». In contrasto, le milizie – i proprietari delle fabbriche e dei negozi – trascorsero la mattinata a bere birra e quando arrivò l’ordine di arrestare Hunt e gli altri radicali ebbero non poche difficoltà a montare a cavallo. Infatti, i primi feriti furono una madre e il suo bambino travolti sulla strada prima che la cavalleria arrivasse sul campo. Il bambino morì subito. Provare a passare in mezzo alla folla a cavallo si rivelò un’impresa e i miliziani iniziarono a colpire le persone, in particolare prendendo di mira le donne che avevano osato venire e partecipare alla manifestazione. Il magistrato Mr. Hulton – che guardava da una casa vicina – mandò in aiuto la cavalleria che caricò la folla. Alcuni soldati professionisti provarono a trattenere la milizia, gridando «vergogna! La gente non ha via di uscita», ma con pochi risultati.
GIRO DI VITE
Dieci minuti più tardi il campo era deserto. I morti erano più di una decina e i feriti centinaia; alcuni medici prestarono soccorso ma solo se i feriti giuravano di non partecipare più a nessuna manifestazione. Uno dei feriti era John Lees. Quattro anni prima, Lees aveva combattuto nell’esercito britannico durante la famosa vittoria a Waterloo; morì qualche giorno dopo aver partecipato da semplice cittadino ad un massacro inglese, ora ribattezzato ironicamente Peterloo da James Wroe nel Manchester Observer. Il principe reggente e il primo ministro Lord Liverpool mandarono le loro congratulazioni ai magistrati e alla milizia. Il governo annunciò un giro di vite: nuove leggi, il divieto di ogni forma di protesta, la prigione per i giornalisti che pubblicavano opinioni sovversive e per i capi del movimento. Il movimento per la democrazia – perfino nella forma molto modesta proposta dai radicali dell’epoca – sembrava distrutto.
POESIA E CENSURA
In Italia, nel frattempo, Shelley scrive un capolavoroLa maschera dell’anarchia, un «torrente della mia indignazione». Il poema è un incubo, un grido di dolore, una denuncia di un sistema anarchico e privo di senso e, in più, un manifesto per la resistenza passiva. L’ultima battuta – «Voi siete molti, loro sono pochi» – è presente nella pubblicità per il nuovo film ed è spesso citata dall’attuale capo dei laburisti Jeremy Corbyn dal suo discorso a Glastonbury fino ad essere inserita nel manifesto del partito come slogan. Ma nel 1819 l’editore di Shelley, Leigh Hunt, temendo censura o peggio, non pubblicò la poesia. Gandhi la lesse molti anni più tardi e ne fu ispirato. E infatti Peterloo diventò un momento chiave nella creazione della classe operaia inglese. Invece di scomparire, la leggenda di Peterloo ispirò prima i Cartisti poi il partito laburista spingendo il sistema verso la democrazia di cui godiamo oggi. Non fu casuale nemmeno il fatto che le suffragette più famose, le sorelle Pankhurst, venissero da Manchester. Il nonno di Emmeline Pankhurst era presente a Peterloo e fu fonte di grande ispirazione radicale per la sua famiglia.
RADICI PROFONDE
Ma queste vittorie non sono state facili. Per ogni due passi in avanti, c’è sempre una spinta all’indietro. La classe dei proprietari e dei negozianti, dei mercanti e dirigenti che componeva la milizia di quel giorno, il 16 agosto 1819, oggi, nei panni del partito conservatore, fa finta che la democrazia britannica sia cresciuta come un prato inglese, in maniera ordinata e pacifica, miracolosamente senza erbacce. E questo si è fatto, seppellendo la storia vera, anche se sue le radici sono ben profonde. Cinque anni fa ho scritto un romanzo sul massacro di Peterloo, e ci fu poco entusiasmo. Molte case editrici non sapevano nulla di questo grande momento storico e infatti è ancora in attesa di pubblicazione. Il regista del nuovo film, Mike Leigh, è cresciuto a Salford, a pochi chilometri dal sito del massacro ma il massacro non ha mai fatto parte del suo percorso scolastico. Parlando con The Guardian – lo storico giornale nato dallo stesso Manchester Observer in cui James Wroe nominò Peterloo per la prima volta – ha detto che gli studenti «conoscono il 1066 e la Magna Charta e Enrico VIII e le sue sei mogli e forse hanno sentito parlare della rivoluzione francese e della battaglia di Waterloo… fu un avvenimento molto, molto importante che risuonò dal 1800 al 1900 nel contesto della democrazia e del suffragio».
Peterloo non fu una vittoria. Fu una battaglia persa. Gli anni successivi furono molto difficili ma il suffragio universale fu finalmente ottenuto. Le battaglie adesso sono diverse ma una lotta importante è quella contro la perdita della memoria, del ricordo delle vittime, la cancellazione della lotta stessa. Speriamo che il film di Mike Leigh si riveli un’arma efficace e potente.