Dopo 24 giorni di protesta pacifica da parte della società civile del popolo saharawi (associazioni giovanili, donne, organizzazioni per i diritti umani) per bloccare il passaggio di El Guerguerat, le Forze armate reali (Far) del Marocco hanno lanciato un’operazione militare per tentare di disperdere i manifestanti, violando di fatto l’accordo sul cessate il fuoco in vigore nell’area. Un accordo, siglato nel 1997, che definiva una «fascia cuscinetto larga cinque km fino al confine con la Mauritania» e prevedeva «il divieto di attività militari e civili da entrambe le parti».

ATTRAVERSO IL BLOCCO del «passaggio illegale» al traffico commerciale dei mezzi marocchini, i manifestanti richiedevano l’organizzazione del referendum di autodeterminazione, obiettivo per cui è stata creata la missione Onu Minurso (rinnovata di un ulteriore anno lo scorso 31 ottobre) e la rilevazione da parte delle agenzie delle Nazioni unite sulle continue violazioni dei diritti umani nei territori occupati e nelle carceri marocchine sui prigionieri politici saharawi.

Un’operazione «pacifica, proporzionata e rispettosa dei civili» secondo il ministro degli esteri di Rabat, Nasser Bourita, visto che il Marocco «non ha avuto altra scelta che intervenire per porre fine allo stallo e ripristinare il libero scambio commerciale».

Una «violenta aggressione militare nei confronti di civili inermi», secondo il Fronte Polisario, che già nei giorni scorsi aveva minacciato il possibile intervento dei militari marocchini come una «dichiarazione di guerra». Pronta la risposta dell’Esercito di Liberazione del popolo Saharawi (Elps), in massima allerta da alcuni giorni a causa dell’invio da parte di Rabat di contingenti militari, che ha evacuato i civili e risposto militarmente.

UNA RIPRESA del conflitto, purtroppo, già annunciata da più parti. Martedì scorso il presidente del Comitato per la difesa del Senato Usa, James Inhofe, aveva espresso forti timori per una possibile «escalation militare da parte del Marocco, con il rischio di un nuovo conflitto e di una progressiva destabilizzazione di tutta l’area».

Preoccupazioni espresse anche dal gruppo parlamentare del Gue (Sinistra Europea), in particolare dagli esponenti del Partito comunista francese, che in una nota ufficiale ieri hanno condannato «la violazione del cessate il fuoco da parte di Rabat» e sottolineato come il mancato rispetto del diritto internazionale sia possibile grazie anche all’appoggio di alcuni paesi europei e della Francia in particolare. Il riferimento è legato alle dichiarazioni del ministro degli esteri francese, Jean-Yves Le Drian, che, in visita in Marocco questa settimana, aveva ribadito il sostegno francese al piano di autonomia proposto dal Marocco, come «base seria e credibile per una soluzione negoziata».
«Parigi, dopo aver ostacolato le risoluzioni per il referendum, violato le sentenze della Corte di giustizia europea sullo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale, si prepara a sostenere anche questo nuovo conflitto a fianco di Rabat», afferma il Gue.

PREOCCUPANTE il silenzio dell’Onu rispetto all’escalation militare. In una lettera urgente indirizzata al segretario generale Guterres, il presidente della Repubblica araba democratica saharawi (Rasd), Brahim Ghali, ha evidenziato come l’aggressione del Marocco sia giunta anche a causa «dell’inazione delle Nazioni unite» e ha esortato il Consiglio di Sicurezza a «intervenire con urgenza prima che la situazione possa peggiorare ulteriormente».