attentiaidinosauri

Stavo scrivendo le conclusioni di una presentazione che avrei poi fatto a Lecce, alla Conferenza Nazionale dei Paesaggi Costieri (Legambiente, 15-16 luglio scorso), alla quale ero stato chiamato per parlare del rischio a cui sono esposti gli insediamenti presenti lungo le nostre coste per l’erosione e l’innalzamento del livello del mare. L’iniziativa era stata fissata in piena estate, perché certamente tutti quelli che sarebbero stati già in vacanza sulle spiagge avrebbero seguito con maggiore attenzione i problemi delle coste.

Le parole mi venivano fuori con estrema facilità, come se le avessi già dette un milione di volte. Mi sono preoccupato: da quanti anni ripeto le stesse cose? La preoccupazione non era per il mio cervello, ma per il nostro futuro!

Sono andato a cercare cose scritte in passato e sono arrivato ad un articolo che avevo pubblicato nel luglio 1986 sulla pagina scientifica de Il Messagero. Ho così ho inserito nella presentazione la foto di una parte dell’articolo, seguita dalla scritta: “Quanti anni abbiamo sprecato?” Eccola:

Nonostante questo in Italia e nel mondo si sta ancora edificando in vicinanza del mare e progettando difese costiere la cui vita è certamente inferiore ai 50 anni, ma che rafforzano l’illusione di poter opporsi in modo drastico all’avanzata del mare e non favoriscono invece soluzioni di arretramento. Questo dovrebbe essere imposto almeno nei casi in cui il valore di ciò che si va a difendere è inferiore ai costi previsti per la protezione stessa su tempi più lunghi

Nell’articolo riportavo i dati sulla previsioni dell’innalzamento del livello del mare prodotti dall’EPA (Environmental Protection Agency, USA) che erano gli unici a cui si potesse fare riferimento in quegli anni: 56 cm nello scenario più ottimistico e 345 cm in quello più pessimistico.

Ricordavo anche che l’innalzamento del livello del mare potrebbe comportare una migrazione dei sedimenti dalle spiagge verso il largo, che amplificherebbe l’erosione marina, e inoltre che molte aree costiere si stanno abbassando, sia per la compattazione dei sedimenti recenti, sia per l’estrazione di acqua e di idrocarburi dal sottosuolo. Ecco perché bisognava cominciare a pensare ad un arretramento strategico.

Con l’istituzione dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, UN) nel 1988, sono i vari Report che questo gruppo produce ad essere il riferimento per ‘quasi’ tutti gli scienziati e per chi dovrebbe prendere le decisioni. I parametri di riferimento sono cambiati, anche dopo il 1988, il metodo di previsione è piuttosto complesso (ovviamente) e gli ‘scenari’ analizzati si basano su dati di difficile comprensione per i non esperti.

Non a caso, i Report scientifici sono accompagnati da una Sintesi per i decisori politici, ed è stato pubblicato un Manuale per spiegare agli scienziati come divulgare i propri risultati. Nonostante ciò, la lettura dei Report non è facile, anche per l’eccessivo uso degli acronimi (cosa che sta innalzando sempre più il muro fra gli addetti ai lavori e il normale cittadino, in tutti i settori!)

Sta di fatto che per un po’ di anni i valori di innalzamento del livello del mare previsto (per tutti ormai SLR – Sea Level Rise) si sono progressivamente abbassati, tanto che io a lezione dicevo, ovviamente scherzando, che ‘il valore dell’innalzamento del livello del mare si riduce, e se continua così finirà che prevederemo un abbassamento’.

La previsione ottimista era tuttavia il risultato di una raccolta di dati molto più affidabile di quelle precedenti, anche perché nel frattempo era stata attivata un’osservazione da satellite su tutti gli oceani. Poi sono arrivati studi su processi non considerati in precedenza, come ad esempio il rilascio di CO2 e Metano dallo scioglimento del permafrost nell’Artico; una migliore comprensione degli scambi termici atmosfera – oceano; e le dinamiche alla base della calotta glaciale antartica. E così i valori hanno ripreso a crescere.

Il 5° Rapporto IPCC, uscito nel 2019, ha fissato, per l’anno 2100, valori più probabili pari a 43 cm (dato ottimistico) e 84 (pessimistico). Nell’ultimo rapporto, il 6° con data 2021, si spiegano le basi fisiche dei fenomeni su cui si baseranno tutte le altre valutazioni.

Ancora non abbiamo le previsioni sul SLR, ma già ci dicono che livelli estremi, che oggi hanno un tempo di ritorno di 100 anni, alla fine di questo secolo potrebbero colpirci ogni anno.

Morale della favola: il livello del mare nel 2100 non dovrebbe essere così alto come previsto dallo scenario peggiore dell’EPA (345 cm) ma il suo innalzamento è in accelerazione e tutto quanto scopriamo ogni giorno va a peggiorare gli scenari fin qui previsti. Infatti, raramente si scoprono processi che portano a sperare in un rallentamento del fenomeno.

L’innalzamento continuerà con ritmi accelerati anche dopo il 2100 (almeno fino al 2300; oltre le previsioni non vanno, ma forse non ci sarà nessuno a misurarlo!).

 

Lavagna (Ge), foto Cristiano Pugno, mostra “Erosioni”

 

Anche se non volessimo attuare strategie basate sul principio di precauzione, che ci porterebbe a pianificare lo sviluppo delle aree costiere sulla base degli scenari peggiori, avremmo potuto da decenni gestire le nostre coste con almeno la consapevolezza che il livello del mare si stava innalzando, bloccando ogni nuova costruzione in prossimità del mare e decidendo in quali tratti costieri era opportuno e possibile scegliere una difesa ad oltranza della costa.

Purtroppo, abbiamo invece usato questo tempo per continuare a costruire sul mare, rendendo ogni strategia futura di adattamento all’innalzamento del livello del mare più difficile e costosa, sia in termini economici che sociali ed ambientali.

La mia domanda per il convegno era sbagliata: non abbiamo sprecato tanti anni, li abbiamo usati nel modo peggiore!