Sostenere “il manifesto” in questa lotta per la riappropriazione della testata è diventato una sorta di dovere civico. Questa definizione, che il Costituente dettò per l’esercizio del voto, credo vada estesa ad ogni azione di difesa e di promozione dei diritti, di libertà, civili, politici, sociali. Tra essi si staglia la libertà di manifestazione del pensiero, l’altro pilastro indefettibile di quella forma di stato che nacque dalla congiunzione dell’uguaglianza di fronte alla legge, e nel deliberarla, con la libertà di parola nel luogo ove le leggi si votavano, e in ogni altro.

Oggi, in Italia, sì, nella Repubblica italiana qualificata come democratica, questi due fondamenti della democrazia sono incrinati, molto. La libertà di manifestazione del pensiero a mezzo stampa è al minimo di credibilità. Il diritto di voto è stato distorto e continuano a falsificarlo in nome ed al fine della governabilità dei popoli nell’interesse del capitalismo, finanziario, industriale, postindustriale e cos’altro.

Incombe l’eliminazione della stampa di opposizione, incombe la scomparsa de “il manifesto” o la sua acquisizione da parte di chissà chi. Se per le decisioni che riguardano il sistema elettorale si può solo solidarizzare con i pochissimi membri del Parlamento che ancora rivendicano il diritto ad una rappresentanza autentica, liberamente scelta ed ugualmente riprodotta, per la libertà di manifestazione del pensiero possiamo fare di più. Possiamo contribuire alla restituzione della proprietà della testata all’opposizione di classe, assicurare così al pensiero critico in Italia il suo strumento quotidiano e garantire continuità alla lotta che da quarantaquattro anni, senza interrompere un solo giorno, “il manifesto” conduce contro il capitalismo.
Confesso che l’adempimento di questo “dovere” mi ha gratificato. Come militante, come cittadino.