Non solo preti detective, monache impiccione e nonni petulanti. La fiction italiana declinata Camilleri concede ogni due anni un po’di respiro e si scarta da sceneggiature scritte con la mano sinistra e da cast raffazzonati o peggio. È tornato il commissario Montalbano che da lunedì 15 aprile e per quattro lunedì di seguito in prime time su Rai 1, proporrà altrettante avventure di una serie nata nel 1999 originariamente su Rai 2 e poi «scippata» dalla rete ammiraglia visti gli strabilianti dati di ascolto. Che parlano chiaro: i 22 film tv realizzati finora del commissario siciliano hanno ottenuto in questi tredici anni una media di oltre 6 milioni di spettatori (e il 23,94% di share), con punte superiori ai 9 milioni e 500 mila (il 32,60%).

Un successo capitalizzato dalla Rai che non si è fatta scrupoli di replicarla nel tempo fino ad arrivare a complessive 103 serate mantenendo sempre uno share altissimo tanto da tentare, con ottimi esiti, la carta del prequel con Michele Riondino chiamato a interpretare un Montalbano giovane. E com’è il commissario nel 2013? Per Luca Zingaretti «È più biricchino con le presenze femminili che lo circondano e non più ligio al dovere e fedele come lo volevano tante telespettatrici» e si muove «in un’atmosfera più cupa rispetto al passato che rispecchia il momento che stiamo vivendo oggi in Italia».

Vero, perché gli script della serie a cui hanno messo mano lo stesso Camilleri, con Francesco Bruni, Salvatore De Mola e Leonardo Marini, non possono mostrarsi insensibili agli anni di crisi, allo stato che taglia le macchine e la benzina ai suoi agenti, ai cittadini in affanno taglieggiati daglistrozzini. Arrivando a confrontarsi, nel terzo episodio Una voce di notte, con gli ambienti malavitosi e la politica collusa e corrotta. Alberto Sironi, regista da sempre si è interrogato su come rappresentare la rabbia di chi «subisce ingiustizie»: «Mi sono interrogato sull’infelicità della gente comune, ho cercato di segnare con maggior forza la pietas del commissario quando incontra il dolore degli umili, ho sottolineato la sua ansia di liberazione, il suo bisogno di respirare aria pura». Insomma, il climax di quieto plot giallo che si affranca dagli adrenalinici telefilm made in Usa, si mescola ancora ai toni di commedia (i duetti fra Zingaretti e Catarella alias Angelo Russo sono spesso irresistibili), ma si interroga gli anni di crisi con un fondo di evidente malinconia, sottolineato dai finali di ogni puntata in cui qualcosa non va per il verso giusto.

Non supereroe anzi pieno di debolezze, il successo di Montalbano – affiancato nei quattro nuovi episodi da figure femminili forti come Barbara Bobulova e Margareth Madè «È che se ne infischia – sottolinea Zingaretti – di tante cose che rappresentano il 90% della nostra esistenza; cose dietro alle quali corriamo senza sapere se ci rendono felici. Lui vuole i suoi uomini, il suo commissariato scalcinato, con automobili che non camminano: un posto che sembra una specie di avamposto in cui mandare le persone inadempienti. Eppure è una persona felice».