Lo sciame sismico è ormai un ronzio continuo nelle zone dell’Appennino tra l’Umbria e le Marche. Le scosse ormai non si contano più e ieri ci si è messa anche la pioggia a complicare ulteriormente una situazione già piuttosto grave. Tra giovedì e venerdì un colpo da 4.8 gradi ha svegliato tutti all’1.38 della notte, mentre qualche ora prima i sismografi avevano registrato anche una scossa da 3.3 gradi nell’Adriatico, qualche chilometro a largo di Civitanova Marche. I palazzi scricchiolano un po’ ovunque e nelle zone già demolite i palazzi, o quel che ne resta, continuano a crollare. Decine di comuni ormai sono poco più che città fantasma, senza abitanti, o con pochissimi superstiti che non vogliono separarsi dalle macerie di quella che in fondo, fino a pochi giorni fa, era la propria vita.

I sindaci sono alla disperazione. Il grido unanime è sempre lo stesso – «Fate presto» -, mentre i problemi continuano ad ammucchiarsi: gli edifici lesionati sono oltre 200 mila e tutti aspettano il decreto che verrà licenziato nella giornata di oggi dal consiglio dei ministri. Dopo i 300 milioni del documento varato appena due settimane fa e gli altri 40 messi a disposizione subito dopo le scosse di mercoledì scorso, la grande attesa è tutta sulle cifre che il governo vorrà mettere a disposizione, oltre che sulle indicazioni per le gare d’appalto per la ricostruzione.

«Non possiamo che censurare l’impostazione culturale che ha permeato il primo decreto terremoto – ha detto il sindaco di Ascoli Guido Castelli a Piceno Time–, un’impostazione che nella traduzione completa e operativa delle discipline tende a una formidabile centralizzazione delle procedure, quasi a manifestare una sorta di pregiudizio nei confronti delle autonomie locali e dei sindaci».

L’impressione, infatti, è che le gare saranno gestite dal commissario Vasco Errani, affiancato dal presidente dell’Anac Raffaele Cantone e dal prefetto Francesco Paolo Tronca, la coppia che il governo Renzi ha intenzione di sguinzagliare per prevenire le infiltrazioni mafiose. I sindaci, in buona sostanza, sarebbero scavalcati e non avranno il potere di disporre del controllo dei lavori. Entrare nel cratere, però, se porta soldi può portare complicazioni non indifferenti per gli equilibri di bilancio: con ogni probabilità oggi il governo disporrà la sospensione delle tasse locali per tutti i Comuni che riceveranno gli aiuti previsti dal decreto. Le imposte locali, però, costituiscono una parte consistente delle entrate dei municipi (in media il 25%) e rinunciarvi vorrebbe dire rischiare il dissesto.

La faccenda è ancora sottotraccia, ma già c’è chi parla di necessità di un provvedimento integrativo per sostenere le finanze degli enti locali, una specie di “salva-comuni” che consentirebbe di muoversi senza rischiare di sfondare le casse comunali. I malumori verso il governo crescono tra i sindaci, in molti infatti lamentano di essere stati abbandonati, di non essere stati ascoltati quando chiedevano aiuto nelle settimane successive al terremoto di fine agosto.

In due mesi su 77 mila segnalazioni soltanto 21 mila sono state quelle evase, d’altra parte la maggioranza dei comuni ha dovuto far fronte alle emergenze soltanto con le proprie forze, inadeguate a reggere il peso di decine di migliaia di persone colpite e spaventate dal sisma. Il manifesto della situazione lo fornisce il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro, che ha allestito nella sua città un campo d’accoglienza, troppe ore prima che da Roma arrivasse qualcosa: «Letti e brandine sono nostri. In questo momento difficile ci stiamo reggendo grazie al nostro encomiabile personale e anche a tutto il volontariato che ci sta sorreggendo».

Nei luoghi colpiti dal sisma, intanto, le visite istituzionali si susseguono: mercoledì è stata la volta di Renzi e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ieri della presidente della Camera Laura Boldrini. Strette di mano, sorrisi e rassicurazioni ma nessuno porta davvero buone notizie. Sono i comuni più lontani, in compenso, a tendere la mano. Per far fronte alla mancanza di personale, continua ad arrivare, seppur alla spicciolata, una quantomai necessaria iniezione di tecnici e colletti bianchi: il Comune di Milano, ad esempio, ha deciso di adottare Amatrice, quello di Monza si occuperà invece di Accumoli, Bari darà una mano ad Acquasanta Terme, Torino ad Arquata. Come dire, aspettando il governo, ecco la burocrazia solidale.