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Il 30 luglio è venuto a mancare il grande educatore francese Bertrand Schwartz. Nato a Parigi nel 1919, Schwartz è stato per diciotto anni professore e direttore della Scuola per ingegneri minerari e metallurgici di Nancy, dove ha introdotto una profonda riforma dei metodi di insegnamento centrati sull’alternanza tra attività scolastica e periodi di lavoro nelle aziende. Poi per dieci anni è stato direttore del Centro Universitario di cooperazione economica e sociale di Nancy, si è occupato in particolare di adulti con basso livello di istruzione.

All’interno di tale istituzione Schwartz ha realizzato una serie di importanti sperimentazioni intorno all’organizzazione degli studi, ai contenuti, alla valutazione per ridurre gli ostacoli che quegli adulti incontrano nel riprendere la loro formazione. È stato fondatore e direttore dell’Istituto nazionale di formazione degli adulti e di formazione dei formatori al quale venne affidato il compito di formare più di 15.000 insegnanti al loro primo ingresso nella scuola.

Negli anni ’80 è stato più volte incaricato dai ministeri dell’Educazione nazionale, del lavoro e dalla presidenza del consiglio francesi di redigere dei rapporti sui temi dell’educazione degli adulti, dell’inserimento lavorativo dei giovani in difficoltà, della riqualificazione professionale, che sono stati tradotti in molte lingue. Come professore di Scienze dell’educazione all’Università Paris IX Dauphine, Schwartz ha condotto numerose ricerche rivolte alla valutazione della congruenza tra le finalità, le strutture e i contenuti di diverse istituzioni educative; nonché sul tipo di vita dei giovani, in particolare sulle modalità con cui i vari organismi a ciò addetti si occupano dei giovani e trattano i loro problemi.

Nel 1989 è stato insignito del premio Grawemayer, una sorta di Premio Nobel per l’Educazione. Tra i suoi volumi tradotti in italiano sono da segnalare: L’educazione domani (La Nuova Italia); Educazione degli adulti ed educazione permanente (Liviana); Modernizzare senza escludere (Anicia).

Il nodo dell’esclusione

Lo sviluppo del sapere, a partire dall’esperienza, è considerato da Schwartz come un elemento imprescindibile della lotta contro l’esclusione sociale e professionale, per la crescita della democrazia e per lo sviluppo delle forme possibili di convivenza civile.

Partendo dal rifiuto della fatalità dell’esclusione, Schwartz ha mostrato che si possono trovare delle risposte, sia pure parziali e circoscritte, ma utili a riconciliare i soggetti esclusi dal sistema formativo con il sapere, impedendo che si instauri nelle persone una rassegnazione fatalista rispetto alla loro condizione. Schwartz si è posto, pertanto, nella prospettiva dell’educazione permanente, da lui definita, nel rapporto predisposto per il Consiglio d’Europa, un orientamento teorico e operativo capace di interpretare le realtà, ma anche di modificarla. Egli tendeva in tal modo ad affrontare la contraddizione tra l’affermazione di un’educazione che concerne tutti e per tutta la vita e l’esclusione di milioni di persone dalle attività formative e culturali.

Con quali orientamenti realizzare dunque il cambiamento che si intende perseguire? Del tutto coerenti con tale ragionamento risultano i tre principî da lui definiti nel rapporto per il Consiglio d’Europa: – il principio dell’eguagliamento delle opportunità; il principio della globalità; il principio della partecipazione.

In cerca di autonomia

Particolarmente rilevante appare il raggiungimento dell’obiettivo dell’autonomia. A proposito dei lavoratori, Schwartz assume, nelle esperienze da lui svolte, che per consentire la crescita dell’autonomia si devono predisporre le condizioni per un percorso di acquisizioni progressive di saperi che ne consenta il conseguimento effettivo, non perseguibile sulla base di formazioni predefinite.

La costruzione di tale percorso ha bisogno di un contesto in cui realizzarsi, dando concretezza ai principi di partecipazione, globalizzazione, eguagliamento delle opportunità. Tale contesto è il territorio che svolge un ruolo centrale, perché consente di «operazionalizzare» il principio di continuità nello spazio posto, assieme alla continuità nel tempo, a fondamento del concetto di educazione permanente.

Il territorio assume significato come luogo dell’azione educativa, come luogo di partecipazione, come contenuto del programma di formazione, come distretto socio-educativo e culturale. Il sistema educativo, secondo Schwartz, è caratterizzato dalla separazione: separazione dal lavoro, dalla vita, dall’ambiente; separazione delle attività formative da quelle culturali, e di entrambe dal territorio. La dimensione territoriale, se assunta operativamente, contrasta la frantumazione e si configura come luogo di ricomposizione dei processi formativi e sede di sviluppo di progetti che possono essere articolati in relazione ai soggetti di riferimento e ai loro specifici bisogni.