Nel giorno in cui viene presentato il progetto per la ricostruzione del ponte Morandi e dopo quella “tragedia annunciata”, il punto di partenza non può che essere la convenzione realizzata tra il concedente Anas, di proprietà pubblica, e la concessionaria Autostrade per l’Italia, di proprietà maggioritaria della famiglia Benetton, di fatto un patto leonino a favore del soggetto privato. Intanto, per il fatto che, come essa recita testualmente, «il Concessionario avrà diritto, nel rispetto dei principio dell’affidamento, ad un indennizzo / risarcimento a carico del Concedente in ogni caso ( mio corsivo) di recesso, revoca, risoluzione», sulla base di un importo corrispondente ai ricavi di gestione sino alla scadenza della concessione.

Per tutta la durata della concessione 2008-2038, viene fissato un rendimento garantito del capitale assolutamente spropositato, pari al 10,2 %, il più alto in Europa per le concessioni autostradali e assolutamente non comparabile con i rendimenti provenienti da altri settori produttivi. Tant’è che questa rendita, giacché si tratta di questo, proviene da un Piano economico-finanziario che, a fronte di 10,3 miliardi di € di investimenti e di 7,3 mld di spese per manutenzioni, farebbe realizzare, nell’arco temporale della concessione, utili per 23 miliardi, di cui 14 da distribuire come dividendi e 9 come risultato di cassa! Tale rendita si produce, in primo luogo, grazie alle entrate per i pedaggi autostradali, a cui si applica una sorta di scala mobile – meccanismo ormai dimenticato per i lavoratori, ma ben presente ai padroni- in continuità con il fatto che, dal momento in cui Società Autostrade è stata privatizzata nel 1999, le tariffe autostradali sono cresciute di circa il 70%, a fronte di una inflazione complessiva pari al 40%!

C’è già quanto basta in questi semplici dati per assumere la prospettiva della nazionalizzazione della gestione delle autostrade in termini di credibilità e utilità ai fini dell’interesse collettivo. La strada maestra per procedere verso la nazionalizzazione è quella indicata dalla stessa Costituzione con l’art. 43, che vale la pena rileggere integralmente per la sua precisione: «A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale».

Peccato che siamo in presenza solo di roboanti annunci, in particolare elargiti da esponenti del M5S, relativi all’intenzione di andare verso la nazionalizzazione, oppure ad altrettante dichiarazioni da parte della Lega che, al contrario, sottolineano semplicemente l’opportunità di rivedere le concessioni e approdare ad un nuovo sistema di partnership pubblico privato. Tutto lascia presagire che, alla fine, anche su questo tema, come su tutti quelli più rilevanti, l’attuale governo confermi di essere a trazione Salvini e che, quindi, approdi semplicemente a svolgere una nuova gara per la scelta del soggetto concessionario o ad una soluzione mista pubblico-privata, che forse attenuerebbero le distorsioni più pesanti dell’attuale rapporto concessorio, ma senza cambiarne radicalmente filosofia e risultati.

Nel frattempo, il ministro Toninelli alza, a parole, l’asticella degli obiettivi, dicendo che vanno messe in discussione tutte le concessioni esistenti che riguardano l’insieme dei servizi pubblici. Mi permetto di suggerire sommessamente al ministro e al governo che, se non è semplice nazionalizzare il sistema autostradale ( cosa che pure va fatta) da un giorno all’altro, né tantomeno rivedere il complesso dei rapporti tra pubblico e privato in tutti i servizi pubblici, si potrebbe perlomeno riprendere una prospettiva matura da molti anni, sulla ripubblicizzazione del servizio idrico.

La vittoria referendaria del 2011, un testo di legge di iniziativa popolare elaborato nell’ormai lontano 2007, sempre riproposto in Parlamento dall’Intergruppo dei parlamentari per l‘acqua pubblica e ripresentato, anche in questa recente legislatura, dall’on. Daga del M5S. Il 30 luglio scorso si è svolto un incontro importante tra il Forum dei Movimenti per l’Acqua e il Presidente della Camera Fico nel corso del quale quest’ultimo si è impegnato a lavorare per accelerare la discussione alla Camera del progetto di legge per la ripubblicizazione del servizio idrico, riaffermando che l’affidamento del servizio idrico può avvenire unicamente tramite Aziende di diritto pubblico. superando qualunque forma di SpA.

È lecito pensare e, ancor più, aspettarsi che si producano fatti concreti da parte del governo in questa direzione? Anche su questo terreno, quello delle nazionalizzazioni, della ripubblicizzazione dell’acqua, della conferma o meno delle grandi opere, i nodi verranno presto al pettine. E, per quanto ci riguarda, su questi temi, come su quello della lotta al razzismo, al nazionalismo e alla xenofobia, non intendiamo semplicemente fare la parte degli spettatori interessati, ma di chi sta in campo in modo fattivo ed efficace.

*Forum Italiano Movimenti per l’Acqua