Quando la gran parte del gruppo del Movimento 5 Stelle al senato esce dall’aula, proprio mentre sta parlando il presidente del consiglio Giuseppe Conte, si ha la misura di come la questione della Tav stia influenzando i rapporti della maggioranza gialloverde. Conte parla dei finanziamenti russi alla Lega e i grillini manifestano il loro dissenso rispetto ad una figura che solo fino a pochi giorni fa era considerata in quota 5 Stelle e che adesso viene percepita come distante.

La spiegazione ufficiale dei portavoce sarà che il gesto di abbandonare gli scranni va considerato come una protesta nei confronti di Matteo Salvini, «perché avrebbe dovuto esserci lui oggi a riferire sulla vicenda che riguarda il suo partito». Ma la voce dal sen fuggita del senatore grillino Michele Giarrusso racconta che i senatori hanno girato le spalle a Conte «sicuramente per le sue dichiarazioni sulla Tav». «Non credo sarà l’unica manifestazione di dissenso», dice ancora Giarrusso che definisce l’esito della vicenda Tav «una caporetto per il M5S». Soltanto poche ore prima, Conte aveva parlato alla camera, dove aveva sostenuto che la necessità di portare avanti i cantieri la linea Tav Torino-Lione deriva dal rifiuto della Francia di rimettere in discussione il progetto.

LA PERCEZIONE che siamo ad un punto di svolta nella storia della compagine di governo è diffusa. Meno certezze circolano sull’esito di questo passaggio: si esclude la rottura ma ci si prepara ad un confronto muscolare sui temi. A cominciare dal destino di Danilo Toninelli, sempre più incerto. Per alcuni, a maggior ragione Toninelli deve restare al suo posto, ora che lo scoglio della Tav bene o male è stato sorpassato. E però circolano i nomi dei suoi possibili sostituti, che non sarebbero leghisti ma altri grillini. Questa vicenda, così radicata nell’identità del M5S, segnerà alla nascita il nuovo M5S di Luigi Di Maio. Proprio oggi sulla piattaforma Rousseau gli iscritti dovranno ratificare le nuove norme su doppio mandato, alleanze con liste civiche e organizzazione nazionale e regionale. Non è un caso che Nicola Morra, presidente della commissione antimafia, abbia messo in relazione con molta nettezza la questione del cosiddetto «mandato zero» per i consiglieri comunali e la sconfitta sulla Tav, sostenendo che entrambe sono legate ai «valori sui quali si basa il M5S», e poi abbia sostanzialmente invitato a votare contro le nuove regole proposte da Di Maio, smentendo con decisione l’idea che circola tra molti e che è diventata la consuetudine dei voti online: che la consultazione su Rousseau possa ridursi ad una semplice «ratifica» di decisioni prese altrove.

L’INTRECCIO dei due piani in teoria separati, la gestione Di Maio e il funzionamento del M5S e il governo gialloverde, appare sempre più evidente. Di Maio lo sa bene. Per questo nei giorni scorsi ha blindato il governo, utilizzando la vicenda di Bibbiano per bruciare i ponti, che sembravano intravedersi nel nuovo parlamento europeo e nell’ingresso dei grillini senza gruppo dentro la maggioranza che regge la commissione, tra M5S e Pd. E per questo ieri sempre Di Maio ha cercato di scaricare ancora sul Pd la responsabilità dell’approvazione in parlamento della Tav.

BEPPE GRILLO, in serata, manda il suo messaggio di approvazione al M5S e persino a Conte. Il garante del M5S si dice «molto scontento della situazione che si è venuta a creare» ma riprende il leit motiv di Di Maio: «Sarà il parlamento a pronunciarsi, e Toninelli e Conte hanno fatto quello che potevano». Poco dopo arriva il video di Di Maio: «Fermare la Tav è possibile – afferma – Basta votare in parlamento. E vedremo chi voterà come il Pd di Renzi o con Forza Italia di Berlusconi. Noi in parlamento ci vogliamo andare con la forza della coerenza e del 33% che abbiamo».

Per sentire qualcuno che chieda esplicitamente di abbandonare l’alleanza con la Lega bisogna andare fuori dal parlamento, dal volto storico e attuale consigliera regionale del Lazio Roberta Lombardi che domanda se davvero valga la pensa proseguire in questo modo. Ma la debolezza della posizione di Di Maio sta nel fatto che la sua carriera politica è ormai ancorata a questa fase. Così, ancora una volta, a prescindere, chiude la strada ad ogni soluzione radicale e alla possibilità di minacciare scelte estreme come la crisi di governo per sbarrare la strada alla Tav. «Non se ne parla – dice chiudendo ad ogni ipotesi di lasciare la maggioranza – Significherebbe darla vinta ai nostri nemici». Salvini ringrazia e incassa.