«Noi ci definivamo degli ultrà della democrazia e avevano una solida cultura liberal-democratica che al M5S non solo manca, ma mi sembra la metta anche in discussione. Grillo deve stare attento, perché rischia di fare la stessa fine della Lega e dell’Idv, che a forza di contrastare la partitocrazia hanno finito per acquisirne tutti i vizi». Se in Italia c’è un partito che in passato ha fatto dell’ostruzionismo una pratica quasi quotidiana questo è il partito Radicale, di cui Gianfranco Spadaccia è stato uno dei fondatori e parlamentare. 79 anni, giornalista, oggi è impegnato in una rilettura degli scritti di Leonardo Sciascia ma osserva con attenzione non solo quanto accade in parlamento, ma anche nella rete, regno di Beppe Grillo. «Questi referendum che organizza su vari temi sono ridicoli», dice. «Come fa a parlare di democrazia diretta quando a votare sono solo 50mila persone contro i 9 milioni elettori del M5S?».

Spadaccia, le piace il modo di fare opposizione del M5S?

Devo dire che ho stima di alcuni di loro perché mi ricordano tanti ragazzi che hanno militato nel partito Radicale e nei Verdi. Gente arrivata alla politica non solo per esigenze morali, ma per voglia di rinnovamento. Detto questo, non condivido assolutamente il metodo in cui il M5S fa opposizione e la patente di democrazia diretta che Grillo attribuisce a se stesso. Viviamo in un mondo in cui la partitocrazia ha travolto tutte le regole della formazione delle classi dirigenti, del dibattito democratico, della trasparenza nella gestione della cosa pubblica, e poi facciamo qualcosa di ancora più evanescente e più opaco, perché il web va a impulsi, e chi controlla gli impulsi governa la democrazia diretta del web.

Ovviamente parla di Grillo e Casaleggio.

Sicuro. Io sono una persona che crede che la democrazia parlamentare debba essere integrata da forme di democrazia diretta. E sono convinto che in questo quadro il web possa essere utilmente utilizzato, ma deve essere regolamentato, non può essere affidato all’autogestione di un singolo partito.

In questi giorni si paragona il M5S al fascismo. Le sembra corretto?

Sono molto prudente sia nel rispondere positivamente che negativamente. Se vado a guardare tutte le persone che hanno collaborato al Popolo d’Italia negli anni precedenti il fascismo e le buone ragioni che molti dei sostenitori iniziali del fascismo avevano… Tanto per intenderci: prima di incontrare Salvemini anche Ernesto Rossi scriveva sul Popolo d’Italia. Quello che posso dire è che alcuni meccanismi autoritari sono molto pericolosi e vedo nei grillini il rischio di diventare degli apprendisti stregoni che non controllano più quello che mettono in movimento.

Che differenza vede tra il modo in cui voi facevate ostruzionismo e quello del M5S?

Mi colpisce sempre che loro con l’ostruzionismo pensano di non far passare un provvedimento, mentre noi facevamo un’opposizione durissima ma quando il governo poneva la fiducia ci fermavamo. L’importante era far passare il messaggio, far capire al Paese il perché della nostro comportamento. Ma la differenza fondamentale è un’altra: come noi anche loro, almeno a parole, sono degli ultrà della democrazia, però mentre noi avevamo una solida cultura liberal-democratica, qui non solo mi pare che manchi, ma viene perfino messa in discussione, tanto che parlano di democrazia delegata.

C’è poi il problema delle alleanze: Grillo le rifiuta, voi le cercavate.

Certo, le faccio un esempio: sul divorzio con Loris Fortuna e nella Lid negli anni ’60 realizzammo da extraparlamentari un’alleanza con Psi, Pli e partiti laici che coinvolse l’opposizione comunista. E su questa alleanza puntammo negli anni 70 per costruire una alternativa ai governi Dc, in polemica con la strategia del compromesso storico.

Possiamo dire che un movimento come il quello di Grillo un po’ ce lo siamo voluto?

Se lo sono voluto. L’assetto partitocratico si sempre è scelto, un po’ per inerzia e un po’ a ragion veduta, i propri oppositori. Questo è avvenuto con la Lega, ma anche con l’IdV di Di Pietro. Il rischio che adesso i 5 stelle corrono è che si ripeta quello che è successo per la Lega e per l’Idv, che dalla lotta alla partitocrazia finiscano col diventare più partitocrati dei partitocrati che combattono. Grillo non può pensare di salvarsi con gli stipendi bassi dei parlamentari. Anche esagerando in questo, con il rischio che una serie di spese vengano scaricate sul finanziamento dei gruppi. Perché se tu tagli troppo stipendi e rimborsi a chi deve venire in parlamento, poi delle compensazioni bisogna trovarle.

Torniamo all’ostruzionismo. Anche voi non ci andavate certo leggeri.

Guardi, io non dico che noi eravamo buoni ed educati perché non lo eravamo affatto. Ricordo Roberto Cicciomessere che alla Camera arrivò a strappare il regolamento davanti al banco della presidenza. Fu un gesto forte, molto offensivo, ma simbolico. Ma penso anche agli scontri avuti alla Camera con Mario Pochetti, che era il mastino del presidente del gruppo comunista, ma anche al Senato, dove ho avuto confronti durissimi con Perna, Trombadori, Bufalini, con lo stesso Maurizio Ferrara. Tuttavia c’era rispetto reciproco e sono nate anche delle amicizie.

E si manteneva il rispetto delle istituzioni.

Una volta, parlando con Pannella, Loris Fortuna ci definì i sollecitatatori delle istituzioni, quelli che pretendevano di attivare i meccanismi della democrazia.

Sia sincero: le è mai scappato un insulto sessista?

No, il sessismo non ha mai fatto parte delle nostro bagaglio, ma neanche la violenza, al di là di quella simbolica. Il massimo che ricordo sono le accuse di Mellini e nostre ad alcuni settori del femminismo che, tra gli anni 70 e 80, finivano per essere contrari alla libertà sessuale in nome della parità tra uomo e donna. Noi le accusavamo di essere delle bigotte di sinistra. Ricordo anche che una volta Pannella rimproverò a Nilde Iotti di tenere l’ordine in aula come una maestrina. Ma questo è davvero tutto.

Una cosa in comune con il M5S i radicali comunque ce l’hanno, ed è la battaglia per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Non è così. Vede io mi preoccupo di abolire il finanziamento pubblico ma mi chiedo anche quali debbano essere le forme di finanziamento della politica che posso prevedere. Un’idea bisogna averla. Non si può risolvere tutto dicendo io faccio il fondo per le piccole imprese, perché è solo un modo per farsi pubblicità. Lei dice che abbiamo lo stesso obiettivo? Io le rispondo che l’estate scorsa noi radicali abbiamo presentato un referendum per l’abolizione del finanziamento pubblico e ci siamo rivolti anche al M5S, ma loro si sono guardati bene dall’aderire.