«Interrompere il percorso iniziato nel 2016 da Virginia Raggi sarebbe un grave errore per i cittadini romani», scrive in un post su Facebook Max Bugani, capo staff della sindaca di Roma ed ex collaboratore dei Casaleggio, padre e figlio.

L’uscita è la classica smentita che afferma: Bugani vuole far intendere che nel Movimento 5 Stelle si lavora per far fuori Virginia Raggi da candidata sindaca a Roma per far spazio ad un’alleanza col Pd coerente con gli equilibri nazionali? La domanda è del tutto legittima. Merita di essere posta soprattutto dopo i primi due giri di giostra delle assemblee territoriali degli Stati generali, nel corso delle quali proprio su accordi di governo ed equilibri futuri si sono interrogati iscritti ed eletti del M5S.

«Se si decide di fare alleanze sul territorio per essere forza di governo, si proverà a fare accordi dove possibile», ha detto una settimana fa la consigliera regionale del Lazio e membro del comitato di garanzia Roberta Lombardi al manifesto. Poi è successo che sabato scorso, proprio nella giornata in cui era prevista la riunione dei grillini laziali, Luigi Di Maio ha detto la sua ricorrendo all’ormai consueto bispensiero in salsa pentastellata. Da una parte ha assicurato la sua determinazione nel sostenere Raggi, rinfacciando a qualcuno (forse proprio Alessandro Di Battista?) di averlo fatto anche durante i momenti difficili, quando chi la appoggia adesso spingeva per le dimissioni della sindaca. Dall’altra, ha sostenuto che le alleanze vanno perseguite «ove possibile», perché altrimenti il M5S si condannerebbe a essere minoranza. Parole che hanno destato allarme tra i sostenitori di Raggi proprio perché lasciano spazio a manovre e si prestano a interpretazioni ambivalenti.

Neanche dalla riunione laziale del M5S sono venute parole chiarissime sulla vicenda. Nell’attesa di leggere il lavoro di sintesi della discussione, chi vi ha partecipato dice che essenzialmente gli iscritti non hanno chiuso alla porta alle alleanze, «purché vincolate a temi e programmi condivisi».
In questa storia, come spesso capita in politica, i tempi contano parecchio. Raggi, e questa è un’ulteriore conferma del fatto che temesse volessero farla fuori, ha anticipato tutti presentando la disponibilità a candidarsi in pieno agosto e costringendo i vertici a convocare una consultazione quasi ad personam sulla piattaforma Rousseau. Ma la sua determinazione a precorrere i tempi potrebbe rivelarsi un boomerang: vista l’emergenza Covid il voto della prossima primavera potrebbe slittare a settembre 2021, garantendo qualche mese di vantaggio che potrebbe fare la differenza per chi lavora per fiaccare la sindaca e trovare la quadra col Pd romano che fotografi anche nell’amministrazione della capitale gli equilibri di governo nazionali.

Bugani sembra avvertire queste minacce quando esprime il suo appoggio alla sindaca. Parlando di Raggi cerca di evocare le atmosfere pionieristiche degli esordi del grillismo. «Lavorare accanto a lei è un onore e mi ha fatto rivivere le sensazioni che ho vissuto negli anni in cui ho lavorato accanto a Gianroberto Casaleggio», riferisce. Poi prosegue: «Mancano sette mesi e se qualcuno mi chiedesse su chi puntare gli direi senza la minima esitazione di scommettere su questa donna tutta d’un pezzo, l’unica che non è in cerca di visibilità, l’unica che ha un lavoro da portare a termine, l’unica che ci tiene davvero a guidare Roma, l’unica davvero innamorata dei romani e non alla ricerca di vanagloria e celebrità. Forza Virginia».