E’ durato poco più di un’ora. Il tempo necessario per i saluti ma soprattutto per capire che, almeno per il momento, raggiungere un accordo sulla revisione dei decreti sicurezza non è possibile. A frenare, ancora una volta, è stato il Movimento 5 stelle che i provvedimenti anti-migranti di Matteo Salvini li ha votati quando era al governo con la Lega e che adesso – nonostante il ministro degli Esteri Di Maio ieri avesse assicurato che «un punto di caduta» con gli alleati alla fine si sarebbe trovato – continua a fare resistenza. «Non è il momento opportuno, con la crisi economica e la pandemia l’opinione pubblica non capirebbe», ha spiegato il viceministro dell’Interno dei 5 Stelle Vito Crimi, presente all’incontro convocato al Viminale dalla ministra Luciana Lamorgese con il collega del Pd Matteo Mauri, il responsabile sicurezza dei dem Carmelo Miceli, il capogruppo di Leu alla Camera Federico Fornaro e il capogruppo di Italia Viva al Senato Davide Faraone.

Sul tavolo il pacchetto di misure messo a punto nei mesi scorsi dai tecnici del ministero e che, per volontà della stessa ministra Lamorgese, vanno ben oltre i rilievi fatti a suo tempo dal presidente Mattarella. In particolare si mette mano a ben 9 dei 18 articoli del primo decreto sicurezza e a due su due del secondo, in pratica tutte le parti che riguardano i migranti. A partire dai tempi di detenzione nei Centri per i rimpatri (Cpr), innalzati da Salvini fino a 180 giorni e che invece potrebbero ritornare a 90. Stessa cosa per la protezione umanitaria. Il viceministro Mauri ha chiesto che venga reintrodotta in maniera integrale. Il documento del Viminale prevede che possa essere riconosciuta alle famiglie con figli minori, persone gravemente malate, quelle con disturbi psichici, disabili, donne incinta e infine, alle persone che hanno subito un trattamento degradante, comprendendo in questa categoria anche chi, malato, nel Paese di origine non potrebbe ricevere cure adeguate.

C’è, infine, la questione Sprar, il sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati fortemente ridotto da Matteo Salvini e che invece si vorrebbe ripristinare. Il Viminale ha già fatto un primo passo in questa direzione prolungando fino al 31 dicembre 2020 l’assistenza ai richiedenti asilo, anche quelli che nel frattempo ne avrebbero perso il diritto di essere ospitati nei Cas. Un modo per togliere dalla strada persone che, in tempi di pandemia, rappresenterebbero un rischio per se stesse e per gli altri.

Restano invece invariate tutte le parti riguardanti in maniera più stretta la sicurezza, dalle norme antimafia all’utilizzo dei braccialetti elettronico. Per quanto riguarda il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, infine, viene mantenuto solo nei confronti degli appartenenti alle forze dell’ordine reintroducendo la discrezionalità del giudice nel valutare la non punibilità per «la particolare tenuità del fatto».

Un pacchetto di misure che, come si vede, è più largo della revisione chiesta dal Quirinale e mirata soprattutto rivedere le maxi multe per le navi delle ong, il sequestro delle imbarcazioni che non rispettano il divieto di ingresso nelle acque italiane, ma anche il rispetto degli obblighi di soccorso in mare previsti dal diritto internazionale.

Misure che vanno incontro a quanto richiesto da mesi dal Pd, LeU e Iv. «Una nuova politica dell’immigrazione deve innanzitutto riportare a una corretta funzione del ruolo del ministero dell’Interno ponendo fine alla criminalizzazione delle ong», ha commentato al termine dell’incontro Fornaro. Lunedì alle 16 nuovo incontro, questa volta per presentare gli emendamenti alle proposte della ministra.