«Siamo felici dell’atto del presidente del Senato che riassegna il ddl sul negazionismo in sede deliberante. La possibilità di approvare il testo in giornata è la più concreta risposta della presidenza Grasso alle celebrazioni che oggi si svolgono in ricordo della deportazione degli ebrei del 16 ottobre 1943. Le parole che stamani ha pronunciato il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, all’uscita della cerimonia del Tempio Maggiore hanno di sicuro dato un importante segnale al Paese».

Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma, sperava nell’approvazione in tempi record della legge che introduce anche nell’ordinamento italiano il reato di negazionismo, proprio nel giorno del 70° anniversario del rastrellamento del ghetto.

Anche Napolitano, che insieme ai presidenti di Camera e Senato ha partecipato ieri alle commemorazioni solenni, aveva riconosciuto il «merito del parlamento italiano» per quella che ha definito un’«affermazione dell’importante attaccamento ai principi di libertà e tolleranza».

Ma la rivolta dei senatori del M5S ha bloccato ieri l’assegnazione della sede deliberante alla commissione Giustizia, rimettendo il testo all’analisi e alla discussione generale dell’Aula.

«La fretta con cui si voleva procedere senza neppure convoare la riunione dei capigruppo offende la memoria delle vittime dell’Olocausto», spiega il senatore pentastellato Michele Mario Giarrusso che ha firmato la richiesta di revoca assieme alla sua capogruppo Paola Taverna, ai colleghi Buccarella e Cappelletti e al socialista Enrico Buemi.

«È pura spettacolarizzazione di un fatto dolorosissimo che ci riguarda tutti, mentre invece l’introduzione del reato di negazionismo è una cosa seria che merita la sede più solenne, quella ordinaria e plenaria dell’Aula». Tanto più, aggiunge Giarrusso, che «il ddl sul negazionismo giace già da sei mesi, così come è bloccata da giugno la discussione in sede deliberante sulla riforma dell’articolo 416 ter che disciplina lo scambio elettorale politico-mafioso».

Martedì invece la commissione Giustizia – in sede referente – aveva approvato all’unanimità un emendamento scritto dal senatore Casson (Pd) all’articolo 414 del codice penale, quello riguardante l’istigazione e l’apologia di delitti, aggiungendo anche una pena fino a cinque anni di carcere per «chi nega l’esistenza di crimini di genocidio o contro l’umanità». Poi ieri, racconta ancora Giarrusso, «alle 14, mezz’ora prima della riunione, il presidente della commissione Francesco Nitto Palma ci ha convocati tutti per la sede referente: non è serio».

La polemica politica è divampata immediatamente. «Stupito» dell’iniziativa del gruppo, Nitto Palma non sa ora «quando e se il provvedimento verrà varato in Aula». Sicuramente, aggiunge, «assumerà un significato del tutto diverso da quello che avrebbe potuto avere oggi».

La pensa così anche Renato Schifani. Mentre il Pd attacca frontalmente i grillini: la presidente Finocchiaro parla di «atteggiamento esclusivamente distruttivo» del M5S che «non si ferma nemmeno davanti al 16 ottobre». «L’urgenza della legge –spiega Finocchiaro – sta proprio nella necessità di far diventare la memoria un obbligo di civiltà, un esercizio da preservare per le generazioni a venire».

Evidentemente un po’ a disagio, Paola Taverna, parla di un «fraintendimento con il presidente Grasso», ma assicura: «Mi attiverò perché l’Aula se ne occupi il prima possibile».

Un «dovere –ricorda Pacifici –per l’Italia che ha partorito il fascismo e per l’Europa».