Il nome di Adèle Hugo evoca la presenza magnetica di Isabelle Adjani nel film a lei dedicato da François Truffaut nel 1975. Lo sguardo perduto dietro gli occhiali tondi, un mantello lacero indosso, gira come il fantasma dell’amour fou per le strade di Bridgetown, alle Barbados e non riconosce più l’oggetto del suo amore disperato, il tenente Pinson, che ha seguito dalla Francia, al Canada, fino ai Caraibi, sfidando il divieto categorico del padre.

Rimpatriata, dopo nove anni di assenza, per le cure di una signora nera, Madame Baa, che le era devota, ha lasciata una sola opera letteraria, Victor Hugo nella testimonianza di una persona che l’ha conosciuto, uscita nel 1863, come testo a correndo delle Opere complete dello scrittore, tradotto poco dopo in Italia da Daelli. Ora da Fandango, per la prima volta, esce nella appassionata versione di Manuela Maddamma, Pazza d’amore (pp. 122, € 12), una silloge del diario che Adèle tenne per tutta la vita, adottando un codice criptato per nascondere il suo pensiero, come accade nella clinica di Saint Mandé, dove sopravvisse fino al 1915, scomparendo, dimenticata da tutti, nel cuore della Grande Guerra.

In copertina, l’abito da sposa della sorella, Léopoldine, deceduta in giovane età: incrociando le voci della protagonista, del padre e della madre, queste pagine trattano una ossessione d’amore. Hugo, in una lirica intitolata Mes deux filles aveva descritto Adèle come «una colomba», indifesa di fronte ai fatti della vita; ma così lei scrive di sé nel suo Journal, quando ha diciotto anni: «talvolta sogno una vita bruciata, ardente, violenta, viva, nella quale via via Clésinger, Delacroix, Arould si susseguono come amanti, nella quale mi vedono come la figlia di Victor Hugo, giovane, bella».

A Guernsey, dove il genitore è in esilio dopo l’ascesa di Napoleone III, avviene l’incontro fatale. Il tenente Pinson entra nell’esistenza della ragazza, mentre lo scrittore è sconvolto dalla scomparsa dell’altra figlia Léopoldine, giovanissima e appena dopo le nozze.

Lo spiritismo si insinua nel ménage della famiglia, per tramite della poetessa Delphine de Girardin, che nel 1853 giunge alla villa per esercitare i suoi talenti medium. Quella che Adèle sviluppa per Pinson è una vera e propria ossessione: dice di essergli promessa, e poi di averlo sposato, assolda un ipnotizzatore per convincerlo contro la sua volontà.

Il militare arriva dunque nella bellissima villa con vista sulla Manica, per recitare un legame che non c’è, a cui lei dedicherà tutta la sua esistenza. Hugo si sente oltraggiato in primo luogo dalla mancanza di considerazione dell’uomo: «accade a un soldato inglese qualunque il prodigioso onore di entrare nella famiglia di Victor Hugo, e tale mediocre soldato sembra esserne del tutto indifferente». Via via Adèle scivola in una follia inquieta, da cui, nei lunghi anni di clinica, la solleva soltanto la musica: ogni settimana andrà a sentire l’opera allo Châtelet.