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Il Libano sotto le bombe israeliane ora rischia l’isolamento totale

Rifugiati siriani cercano di tornare in Siria a causa delle bombe israeliane foto Ap/Omar SanadikiRifugiati siriani cercano di tornare in Siria a causa delle bombe israeliane – Ap/Omar Sanadiki

Libano Decine gli uccisi, da Beirut al sud. Israele annuncia l'uccisione di Mohammad Hussein Srour, capo dell’unità aerea di Hezbollah. Voli cancellati, il porto inagibile. Si fugge a piedi in Siria: i rifugiati tornano indietro dopo 13 anni

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 27 settembre 2024

Quello degli attacchi alla periferia a sud di Beirut, la Dahieh, è diventata ormai una consuetudine. L’ennesimo attacco aereo, stavolta nei pressi della moschea al-Qaem, a Haret Hreik, è avvenuto ieri alle 15: hanno perso la vita almeno due persone e 15 sono rimaste ferite, tra cui una donna in maniera grave, secondo il ministero della salute libanese.

Si tratta del quarto attacco in meno di una settimana nella Dahieh, tutti contro quadri importanti del Partito di Dio, che si trova in queste ore costretto a sostituire la catena di comando. L’esercito israeliano ha «eliminato Mohammad Hussein Srour, capo dell’unità aerea di Hezbollah, con un attacco mirato nella periferia a sud di Beirut» ha annunciato il portavoce arabofono dell’esercito israeliano Avichay Adraee su X.

ALTRO COLPO ai piani alti della milizia-partito se confermato. Srour, conosciuto anche come Abu Saleh, è comandante dell’unità missili terra-aria, comandante dell’unità Aziz delle Forze Radwan e l’emissario di Hezbollah in Yemen presso gli Houthi. Il cessate il fuoco di cui si parla da giorni non sembra essere ancora una possibilità per Israele: «Nessun cessate il fuoco a nord», ha dichiarato ieri caustico Israel Katz, ministro degli affari esteri israeliano.

Gallant, ministro della difesa israeliano, sempre su X ha confermato l’approvazione delle «prossime offensive sul fronte nord. Continueremo con una serie di operazioni tese a eliminare i membri di Hezbollah, smantellare i dispositivi offensivi e distruggere missili e razzi». Anche il premier uscente libanesi Miqati ha smentito da New York le voci su un possibile accordo.

Giornata di bombardamenti intensi da una parte e dall’altra del confine. Hezbollah halanciato oltre 100 razzi contro Kiryat Chmona, Kiryat Motzkin e il complesso industriale di Rafael, entrambi al nord di Haifa, e poi la base militare di Dado a Safer e alcune aree del Golan. L’aviazione israeliana insiste sul Libano del sud e sulla valle della Beka’a, a est. I bombardamenti più violenti sulle aree che circondano Tiro, come Burj Chemali – che ospita uno dei 12 campi profughi palestinesi in Libano e l’ospedale italiano-, la periferia di Sidone, Nabatiyyeh nel sud.

A Younine (Ba’albak), nel nord ovest del paese, un bombardamento ha ucciso venti persone, di cui 19 siriani. E proprio il confine con la Siria, da cui sono arrivati negli ultimi dieci anni oltre un milione e mezzo di rifugiati in fuga dalla guerra civile ancora in atto, è stato attraversato in questi ultimi giorni da circa 31mila persone, stando ai dati delle autorità libanesi: 15.600 siriani e 16.130 libanesi, come scritto nella dichiarazione ufficiale dell’unità di crisi libanese.

SI TEME la chiusura dell’aeroporto. I voli in uscita sono tutti prenotati fino alla settimana prossima. È impossibile uscire dal Libano in questo momento, a meno che non si voglia rischiare di passare da Damasco, il cui aeroporto è stato bombardato tre volte dall’inizio del conflitto, in una Siria ancora lontana dalla stabilità. Moltissime compagnie hanno cancellato sia in entrata che in uscita.

Non ci sono navi civili da prendere per lasciare il paese, da ancor prima dell’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020. Il Libano potrebbe diventare una trappola da un momento all’altro se per qualche ragione l’aeroporto venisse chiuso, o peggio ancora bombardato.

Ong locali e internazionali, municipalità, protezione civile, esercito libanese provano a mettere su una risposta coordinata alla questione degli sfollati arrivati a Beirut, a Sidone e in altre città più sicure. Ieri l’esercito ha sequestrato un importante numero di materassi – che parevano essere spariti dalla circolazione – da distribuire agli sfollati e che i negozianti avevano prima nascosto e poi fatto riapparire a prezzi irragionevoli.

C’è anche un altro Libano però, quello della solidarietà. Chi può si organizza spontaneamente e aiuta, raccoglie soldi, porta generi di prima necessità nei rifugi provvisori, scuole in primo luogo, allestiti in tempi record. Gruppi di giovani lavorano come volontari giorno e notte per aiutare chi ha dovuto lasciare casa senza sapere quando tornerà e cosa troverà al ritorno.

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