Nel cortile di palazzo Moroni, tutti intorno alla bara di Graziano Camporese stroncato da un infarto a 61 anni. Cerimonia laica ieri pomeriggio per il militante che montava le Feste dell’Unità da segretario della Confesercenti. Ma per gli eredi della Federazione Berlinguer di via Beato Pellegrino il funerale, tutto politico e senza pietà, si era già celebrato nella notte del ballottaggio.

Padova ha un sindaco leghista: Massimo Bitonci che con 51.702 voti pari al 53,5% ha stracciato Ivo Rossi (44.943 cioè 46,5%). Il capogruppo al Senato, ex primo cittadino di Cittadella, supportato dal governatore Luca Zaia ha festeggiato in piazza delle Erbe sotto le finestre del Comune insieme allo “sceriffo” Maurizio Saia, a ciò che resta di Forza Italia, a Fratelli d’Italia e a qualche “forcone”. Bitonci promette già di “liberare” la città dai… comunisti, senza risparmiare insulti ai cronisti che hanno una faccia più depressa degli stessi sconfitti. Se nel 1999 Giustina Destro aveva umiliato a sopresa l’arroganza dell’amministrazione di sinistra, Bitonci è riuscito nella missione impossibile di archiviare il “ventennio Zanonato” con annesso sistema di concertazione ad ampio spettro.

Un incubo per tanti supposti leader del centrosinistra. Dal sussidiario Piero Ruzzante (che aveva appena festeggiato le 96 mila preferenze di Zanonato alle europee) a Marta Dalla Vecchia abituata alle cene vip con chi è finito in manette; da Andrea Micalizzi che dovrà trovarsi un lavoro a Francesco Fiore di Padova 2020 rimasto a bocca asciutta; da Claudio Piron vittima della timidezza fino a Sel che contava di perpetuare l’assessorato al lavoro, magari con un ex sindacalista. Il funerale, appunto, dell’intera classe politica che ha governato con più di una strizzata d’occhio alle lobby, mutuando il “riformismo” dei professionisti di via Trieste e lasciando mano libera ai cannibali della logistica, ai baroni dell’Ateneo e agli affari della sanità.

Padova ha girato pagina, facendo pagare il conto a Ivo Rossi anche per il “doroteismo” di Zanonato, l’opacità del Bo e gli interessi della Fondazione Cariparo o della Compagnia delle Opere. Il giovane segretario cittadino Pd Antonio Bressa dovrà ricostruire il futuro dei renziani doc sul cumulo di macerie degli inossidabili funzionari vecchi e giovani. La sconfitta delle comunali rimette tutto in discussione, compresa la strategia delle Regionali 2015. Dal trionfo di Renzi con il 40% al tonfo di domenica notte si è spalancato l’abisso che fa il paio con il gorgo dell’inchiesta sulle imprese del Mose.

In Veneto ci si consola con la collezione dei municipi di provincia, a cominciare dal Veronese non più monopolio della Lega di Tosi. Ma un altro clamoroso campanello d’allarme è suonato a Schio, tradizionale roccaforte del centrosinistra vicentino: con il 51,5% ha vinto il ballottaggio il civico Valter Orsi che partiva dal 25% nella sfida a Dario Tomasi. Per il nuovo segretario regionale Pd Roger De Menech, si preannuncia un’estate di duro lavoro dopo la sbornia del 25 maggio.