«Ci sono voluti sette anni ma ce l’abbiamo fatta. Quando si sa di essere dalla parte del giusto, bisogna resistere, resistere, resistere e la verità prima o poi viene fuori». «Emozionato e felice», l’avvocato Fabio Anselmo, che ha condiviso in questi anni la strenua lotta della famiglia Cucchi, usa quasi le stesse parole di Ilaria, la sorella di Stefano, per commentare la conclusione dell’inchiesta bis della procura di Roma che finalmente formula espressamente l’accusa di «omicidio preterintenzionale». Sulla sua pagina Facebook, Ilaria Cucchi pubblica la foto scattata nel 2013, nel giorno in cui la lettura della sentenza di primo grado gettava nell’angoscia e nello sconforto i familiari, e lei si sfogava in un pianto amaro sulla spalla dell’avvocato Anselmo. «Ci gettiamo alle spalle sette anni durissimi, di dolore, di sacrifici, di tante lacrime amare. Ma valeva la pena continuare a crederci», scrive nel post. E aggiunge: «Devo dire grazie soprattutto a questa persona». E Anselmo ricambia: «Ringrazio di cuore la famiglia Cucchi per la fiducia concessami».

Avvocato, nell’avviso di conclusione delle indagini, la procura di Roma non ha tenuto in alcun conto le deduzioni tratte nella perizia fatta in incidente probatorio dal capo del collegio peritale nominato dal Gip, il prof. Francesco Introna, che considerava la morte «improvvisa ed inaspettata per epilessia» la più «attendibile» tra le ipotesi in campo. È così?
Non proprio: la procura di Roma ne ha tenuto conto, eccome, di quella perizia. Infatti noi lo avevamo detto subito che avrebbe aperto le porte ad un processo per omicidio preterintenzionale. Solo che i pm non hanno condiviso il punto di vista politico del prof. Introna, secondo il quale non c’era alcun nesso causale tra «le lesioni riportate da Stefano Cucchi dopo il 15 ottobre 2009» e «l’evento morte». Ma è solo un punto di vista politico, perché poi è la stessa perizia ad affermare anche che la morte per epilessia è «non documentabile, priva di riscontri oggettivi, ma supportata da rilievi clinico scientifici».

È quanto scrive Introna insieme al prof. Dammacco, mi sembra…
Esatto. E guardi che al prof. Dammacco – lo dimostrano le registrazioni che Ilaria ha pubblicato sulla sua pagina Facebook – chiesi a quante morti per epilessia avesse mai assistito nei suoi cinquant’ anni di esercizio professionale, e lui mi rispose: «Nessuna».

Il collegio di periti riconosce però – per la prima volta – due dati oggettivi e conclamati: la frattura recente delle vertebre lombari e sacrali riscontrate sul corpo di Stefano, e il ruolo “esiziale” del globo vescicale. Giusto?
Sì, e questo è un punto importante di quella perizia, che riconosce le fratture delle vertebre L3 e S4 causate dai traumi subiti. È quanto da noi sostenuto durante questi anni. Anche se poi il prof. Introna non ha il coraggio di arrivare alle giuste conclusioni scientifiche e scrive che «se il soggetto fosse stato adeguatamente sorvegliato e sottoposto a monitoraggio infermieristico, con controllo della diuresi, la dilatazione vescicale, del tutto attendibilmente, non si sarebbe verificata».

Cosa vi attendente ora dal processo che quasi sicuramente verrà celebrato? Siete fiduciosi?
Da un punto di vista probatorio il lavoro della procura è sicuramente encomiabile e di assoluto valore. Ringrazio il procuratore Pignatone e gli investigatori per la bravura mostrata nell’indagare a 360 gradi. Non ci resta che attendere il processo, ma questa volta di fronte alla Corte d’Assise.

Con tempi di prescrizione abbastanza lunghi da non rischiare di veder naufragare ancora la vostra richiesta di giustizia?
Sì, non c’è questo pericolo. D’altronde, a giudicare dalle intercettazioni, gli indagati contavano molto sulle perizie e sulle consulenze. Ora si ricomincia da capo, alla ricerca della verità.