Dal 1° al 3 giugno al John Jay College dell’Università di New York, il Left Forum delle sinistre statunitensi ha discusso sulle prospettive politiche («Towards a winning strategie for the left»: verso una strategia vincente per la sinistra). Si tratta di un appuntamento periodico delle forze che nella sostanza si collocano alla sinistra del Partito Democratico. Gruppi politici, collettivi culturali e di intervento sociale, case editrici e riviste. Assenti invece le organizzazioni sindacali in quanto tali.

A tema la costruzione dell’opposizione a Trump, perché la sua vittoria di non va derubricata a fenomeno episodico, ma va intesa come un possibile punto di approdo reazionario al malessere sociale e alla paura del futuro. Conseguentemente il Forum ha aperto una riflessione sugli errori della sinistra e dei movimenti, sia intesi come errori veri e propri che come insufficienti elaborazioni e pratiche politiche che hanno lasciato aperti spazi significativi per la destra reazionaria. A New York si è posto il tema – pur con una certa varietà di approfondimenti ed elaborazione – di un ripensamento complessivo su cosa il movimento, le associazioni, le organizzazioni politiche e i sindacati hanno fatto e pensato in questi ultimi decenni. Mi pare un dato significativo, non tanto per la qualità dell’elaborazione prodotta nel Forum – assai diseguale – ma per l’intento della riflessione. Si tratta infatti di un modo maturo di porsi il problema dell’efficacia politica, evitando la solita tiritera che caratterizza il dibattito italiano, dove in modo completamente manicheo si discute degli errori delle forze politiche come se questo rappresentasse la totalità del problema e come se tutto il resto delle esperienze, delle pratiche e delle elaborazioni, andasse benissimo.

A tema anche l’autonomia politica e culturale dal Partito Democratico, una consapevolezza assai diffusa e, a partire da questa comune ed importante acquisizione, si è dibattuto con maggior serenità il tema dell’efficacia dell’azione politica. Ho partecipato a discussioni in cui erano presenti come relatori sia persone che sono state elette dopo aver partecipato alle primarie del Partito Democratico da outsider, sia persone che sono state elette in coalizioni indipendenti contro il Partito Democratico e contro i repubblicani. Il fatto che la discussione si concentrasse sull’efficacia della costruzione di coalizioni “progressiste” contro i poteri forti locali e nazionali – di cui tutti e tutte sono consapevoli il Partito Democratico fa parte – mi è parso segnalare un importante elemento di maturità politica. In grado di relativizzare, anche legandole alle situazioni concrete, la successiva scelta se giocarsi la partita alle primarie dei Democratici o se agire direttamente la Coalizione a livello politico.

Al Left Forum, l’unica forza politica europea presente era il Partito della Sinistra Europea. Oggi vi è un forte elemento oggettivo che spinge all’unità dei movimenti e delle sinistre dalle due parti dell’Atlantico. Sia negli Usa che in Europa vi è tra gli stati popolari una diffusa insicurezza sociale e un forte timore per il futuro. In entrambi i casi il rischio è che siano le destre xenofobe, patriarcali e fascistoidi ad egemonizzare il disagio con proposte reazionarie e ferocemente nazionaliste.
Si tratta quindi di dar vita ad una comune elaborazione per costruire una efficace proposta. Per dirla in uno slogan: un umanesimo egualitario e ambientalista contro la guerra tra i poveri.

*Vicepresidente Partito sinistra europea