Negli Usa c’è stata una nuova ondata di richieste di sussidi di disoccupazione, pari a 5,245 milioni di domande: sommata alle quasi 17 milioni di richieste delle tre settimane precedenti, porta a 22 milioni il totale dei nuovi disoccupati americani.

Lo Stato più colpito è la California, con 660.996 domande, segue New York con 395.949, la Georgia con 317.596 e il Michigan 219.320. Le previsioni degli analisti economici parlano di un tasso di disoccupazione che potrebbe anche superare il 20%.

Nell’anno in cui cerca la rielezione questo per Trump è un vero e proprio incubo. Attaccato dai media per come sta gestendo la pandemia, incalzato dai governatori che lo pongono di fronte a un problema reale che non può essere liquidato con frasi di propaganda e con l’economia a rotoli, il nervosismo di The Donald è sempre più evidente.

Nel corso delle conferenze stampa quotidiane che, da momenti di informazione, sono diventate rapidamente dei veri e propri comizi elettorali, Trump tradisce sempre più la sua frustrazione e lo fa deviando sempre più verso la china dell’autoritarismo.

Due giorni dopo avere dichiarato che, a suo parere, l’autorità del presidente «è totale», Trump ha minacciato di invocare un potere presidenziale mai usato per sospendere formalmente il Congresso, in pausa fino al 4 maggio, in modo da poter procedere con le nomine dei posti vacanti del governo, la cui mancanza ostacolerebbe la risposta della sua amministrazione alla pandemia, in quanto alcune di queste nomine sono legate all’emergenza coronavirus.

Al momento sia la Camera che il Senato hanno fermato i lavori non di emergenza a causa della pandemia, limitandosi a convocare solo le cosiddette sessioni pro forma, brevi incontri che durano pochi minuti e richiedono la presenza di un solo legislatore, per mantenere tecnicamente le loro camere in seduta sebbene non stiano davvero lavorando.

Questa prassi è una routine che serve proprio a impedire ai presidenti di agire in vece del Congresso, cosa che possono fare se il Senato è in pausa per più di 10 giorni.

Esasperato da questo stallo e impaziente di riaprire tutto, Trump vorrebbe appellarsi all’articolo II della Costituzione, che conferisce al presidente il potere di aggiornare il Congresso fino al momento in cui Camera e Senato non sono in grado di concordare e rimettersi al lavoro.

Il fatto è che Camera e Senato non sono in disaccordo e hanno aggiornato consensualmente la sessione riguardante le nomine al 3 gennaio 2021; l’ufficio del leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, ha già dichiarato di non essere propenso a cambiare data.

McConnell si è impegnato a trovare il modo di confermare i candidati considerati critici per la pandemia di Covid-19, ma di volerlo fare seguendo le regole del Senato, che prevedono il consenso del leader della minoranza democratica Chuck Schumer.

Con il partito contro, a Trump non resta che cercare di riaprire gli Usa, ma anche lì non può forzare i governatori ad applicare le sue regole. Al momento il suo principale antagonista, Andrew Cuomo, governatore dello Stato di New York, ha esteso il lockdown fino al 15 maggio.