La Società Italiana di Storia del Lavoro (SISLav), ufficialmente costituita nell’ottobre 2012, nasce in una fase di ripresa dell’interesse per le tematiche del lavoro che ha visto protagoniste numerose giovani leve della ricerca, sia in Italia sia a livello internazionale. La SISLav opera infatti in collaborazione con «società nazionali» consimili, già costituite o in via di costituzione, sia a livello europeo sia transcontinentale, contribuendo alla formazione di reti internazionali.

Il revival degli studi sul lavoro è stato favorito dalla consapevolezza che la crisi epocale attraversata dal sistema economico internazionale ha le sue cause profonde nella finanziarizzazione dell’economia e nella crescita della diseguaglianza sociale connessa al peggioramento delle condizioni dei lavoratori sotto il profilo salariale, contrattuale e dei diritti, fenomeni a loro volta conseguenti al predominio di politiche di stampo neoliberista che hanno determinato l’instabilità e moltiplicato i fallimenti di mercati non regolati.

Grazie al progressivo affinamento delle metodologie di ricerca, alla salvaguardia e alla utilizzazione di nuove fonti, all’accumulo di esperienze e contributi, la riflessione storica sui mondi del lavoro contribuisce a individuare le interazioni che sono alla base delle trasformazioni sociali, culturali, politiche e istituzionali.

Tra persistenze e discontinuità

La SISLav intende rilanciare gli studi di storia del lavoro in una duplice ottica, interdisciplinare e diacronica. Interdisciplinare perché si apre alla stretta collaborazione con l’insieme della scienze sociali. Diacronica perché intende indagare le dinamiche di trasformazione del lavoro nel lungo periodo storico, per cogliere i cambiamenti e le persistenze, le dinamiche attraverso le quali si sono affermate, e intrecciate, le molteplici tipologie di rapporti di lavoro, con le modalità con le quali queste tipologie hanno storicamente concorso e concorrono alla formazione dei gruppi sociali, alla configurazione delle identità, ai comportamenti sociali e politici connessi alla percezione degli interessi, alle forme organizzative e alle modalità di mediazione degli interessi medesimi. In questa ottica la storia del lavoro, declinata sia sotto il profilo sociale sia sotto quello politico, si connette strettamente alla storia economica e alla storia dell’impresa.

Il primo convegno organizzato dalla SISLav intende proporre una riflessione sulla storiografia del lavoro con un’impostazione per problemi, con relazioni attente a continuità e rotture storiche e ai momenti di slancio e di crisi degli studi storici sul lavoro, le classi lavoratrici, i movimenti operai. Le relazioni saranno chiamate a discutere le acquisizioni storiografiche e a indicare nuove prospettive a partire dalle ricerche condotte dai relatori medesimi.

La prima sessione si concentra sul modo in cui molteplici tipologie di rapporti di lavoro (libero, non libero, eteronomo, autonomo) hanno storicamente concorso e concorrono al processo di mercificazione del lavoro stesso. Essa fa proprie alcune suggestioni recenti della Global labour history, dei gender studies, degli studi post-coloniali e contemporaneamente recupera riflessioni già presenti nella tradizione di studi legata allo sviluppo europeo, ma spesso assorbite in una modellistica dominata dall’idea della società salariale novecentesca. Le trasformazioni intervenute negli ultimi decenni, sia nei contesti di più recente globalizzazione che nei luoghi tipici della società industriale, evidenziano come la mercificazione del lavoro non passi necessariamente attraverso la forma canonica del salario.

Appare dunque prioritario riprendere una discussione su questi temi, con due obiettivi principali. Da un lato, analizzare i fattori sociali, culturali, politici, economici e tecnologici che influiscono sulla diversificazione delle relazioni di lavoro, come pure sulla loro integrazione o organizzazione in funzione del processo di mercificazione o meno. Dall’altro, assumendo una prospettiva di lungo periodo, si vuole stimolare una discussione sull’opportunità di problematizzare la visione che lega la modernità alla transizione da molteplici relazioni e tipologie di lavoro al lavoro salariato quale forma esclusiva di lavoro produttivo. In quest’ottica, la sessione permetterà di tornare su temi e concetti centrali della storia del lavoro, quali quelli di classe lavoratrice, rivoluzione industriale (o rivoluzione «industriosa») e capitalismo.

La seconda sessione affronta il problema della formazione della classe, che è da sempre al centro dell’interesse storiografico dei contemporaneisti. I nodi tradizionali delle forme del lavoro industriale, della proletarizzazione e dell’organizzazione di classe, si sono progressivamente articolati grazie al confronto con temi ben presenti agli studiosi di altri periodi e alle scienze sociali: gli spostamenti spaziali, la mobilità sociale, il ruolo della famiglia, le reti di relazione, il peso del lavoro delle donne, la sociabilità e l’associazionismo, le forme di insediamento e di rapporto con la dimensione spaziale. Come e quando queste dinamiche hanno facilitato o ostacolato la formazione di gruppi sociali che si percepiscano come tali? In che condizioni frammentano, potenziano o suppliscono all’identità costruita nei luoghi di lavoro? Queste domande sono valide sia per la fase della formazione che per quella della profonda ridiscussione e disgregazione degli aggregati sociali legati al mondo del lavoro: gli studi relativi agli ultimi trenta anni possono così interagire con una dimensione di lungo periodo.

La terza sessione si occupa della definizione giuridica dei rapporti di lavoro e del loro riconoscimento istituzionale, ambito di studi che costituisce un crocevia fra l’indagine storica e quella sulle culture del diritto e dello Stato. Anche in questo campo si evidenzia l’opportunità di considerare un arco temporale di lungo periodo. Il passaggio dallo status al contratto riflette i percorsi dell’emancipazione e della nascita del lavoro salariato; la giuridificazione del lavoro accompagna i momenti di formazione dello Stato moderno, contrattualizzando la sottomissione servile.

La sottomissione rimane, nell’ordine liberale introdotti dai codici civili ottocenteschi, la sostanza economica di un rapporto tra soggetti ancor più diseguali (per la logica dell’individualismo che azzera qualsiasi appartenenza), ma posti come eguali in nome della «libertà del lavoro»; essa si ripropone poi, giuridicamente rielaborata alla luce dello scenario della modernità industriale, come contenuto della subordinazione tecnico-funzionale. Dunque nell’età liberale, con la centralità del contratto individuale, sparisce la regolazione pubblica del mercato del lavoro, salvo poi riapparire in una logica del tutto nuova con la legislazione sociale, e successivamente con la nascita del Welfare. Come avviene la progressiva definizione istituzionale di strutture e agenti nel mondo del lavoro, e come si è intrecciata con i mutamenti storici di lungo periodo? Come la dimensione di fabbrica ha determinato il riconoscimento, e la negazione, di condizioni e diritti del lavoro? Come la dimensione collettiva del lavoro e delle sue organizzazioni si è intrecciata con le trasformazioni delle funzioni dello Stato?

Identità in formazione

La quarta ed ultima sessione è dedicata alle organizzazioni del lavoro e alle modalità della loro azione, alle forme della rappresentanza degli interessi e alla capacità di farli valere attraverso l’elaborazione di strategie d’azione, tra mediazione e conflitto. La considerazione dei diversi momenti storici in cui si è manifestata la varietà delle forme di conflitto, in relazione alla varietà delle forme di organizzazione della vita lavorativa, e la comprensione dei nessi in senso diacronico possono guadagnare in penetrazione analitica attraverso un approccio metodologico inteso a studiare i fenomeni storici di vasta portata nella quotidianità, dunque ponendo al centro le reti personali, la costruzione di identità soggettive, i rapporti tra organizzazioni e ideologie distinte, tra persone appartenenti a gruppi sociali, generi, culture e generazioni diversi. In particolare, la specificità del punto di vista di genere, sia sul mondo del lavoro sia sulle forme della rappresentanza e delle organizzazioni, suggerisce l’utilità dell’analisi dei percorsi delle donne nel lavoro, nella qualifica, nella rappresentanza, nella presa di distanza dalle organizzazioni con cui le donne si sono scavate uno spazio nel mondo del lavoro organizzato. L’approccio sociale e dal basso allo studio delle organizzazioni si affianca alla storia delle organizzazioni, fatta di congressi e gruppi dirigenti e di uomini e donne iscritti che affidano all’organizzazione la difesa di interessi concreti, una storia che utilizza le fonti prodotte direttamente dalle organizzazioni ricostruendo le forme associative, le modalità della contrattazione e della difesa degli interessi, i ruoli e le funzioni dei diversi livelli di rappresentanza.