In poco più di nove, dense ore di presenza fra Prato e Firenze, Jorge Bergoglio conferma di avere un apprezzamento che va oltre le, pur forti e radicate, comunità ecclesiastiche locali. Il tutto esaurito nello stadio Comunale fiorentino (55mila presenti), e la piazza del Duomo pratese gremita, sono istantanee toccanti di un seguito che il papa che viene dalla fine del mondo ha saputo conquistare. Anche grazie ad alcuni lievi strappi al cerimoniale, come quando il pontefice, allungando il testo già consegnato ai media, ha ricordato la tragedia della Teresa Moda, il capannone del Macrolotto pratese in cui il primo dicembre 2013 morirono asfissiati e bruciati sette operai cinesi. Sette wu-min, i “senza nome” che a migliaia contribuiscono a mandare avanti il principale distretto tessile italiano.
“La sacralità di ogni essere umano richiede per ognuno rispetto, accoglienza, e un lavoro degno – ha scandito papa Francesco – mi permetto qui di ricordare i cinque uomini e le due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa. Vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone industriale in cui lavoravano. In una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio in cartone e cartongesso, con letti sovrapposti per sfruttare l’altezza della struttura. È una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita, e questo non è lavoro degno”.
Di strada da fare, ha implicitamente ammonito Bergoglio, ce n’è tanta. A riprova, i dati più recenti del progetto “Lavoro sicuro”, avviato dalla Regione Toscana, dalla Asl di Prato e dalla magistratura dopo la strage del Macrolotto, segnalano che nel 68,8% dei controlli fatti fino a settembre, per complessive 3.341 aziende tessili sulle 7.700 attive fra Firenze, Prato, Pistoia e l’Empolese Valdelsa, sono state rilevate irregolarità. Le principali (827) nei macchinari insicuri utilizzati per le lavorazioni; poi negli impianti elettrici non a norma (774); nelle terribili condizioni igieniche (649); nella presenza dei dormitori (340), e di cucine (152) nei capannoni. Per 186 aziende sono scattati i sequestri e le chiusure. E il lavoro va avanti, con l’obiettivo di controllare altre 1.100 imprese entro la fine dell’anno.
Dopo Prato, anche l’arrivo di Bergoglio a Firenze è stato salutato con enorme calore dalla città, che fino al tramonto si è praticamente fermata. Era dai tempi del Forum sociale europeo del 2002, quando una buona metà dei fiorentini fuggì temendo le orde vandaliche evocate da Oriana Fallaci, che le principali direttrici della mobilità non apparivano così scorrevoli. Da parte sua papa Francesco non si è certo risparmiato, nelle ormai consuete tappe – il viaggio in papamobile, il bacio al neonato, il pranzo alla Caritas – che scandiscono le sue trasferte.
Va ricordato infine un altro passaggio felicemente anomalo, questa volta in Santa Maria del Fiore. “La Chiesa italiana ha grandi santi, il cui esempio può aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d’Assisi a Filippo Neri. Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente”. Non ci sono insomma soltanto i messaggi lanciati urbi et orbi (“Mi piace una Chiesa inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà”), c’è anche il richiamo alla peculiare storia italiana del secondo dopoguerra. Orfana, oggi, non certo di don Camillo, quanto di Peppone.