Le «Colline del prosecco» entrano a far parte del patrimonio dell’Umanità. La decisione dell’Unesco del 7 luglio ha inserito i 30 km di colline trevigiane che si estendono da Conegliano Veneto a Valdobbiadene tra i paesaggi culturali di valore universale. Nel 2014 lo stesso riconoscimento era stato assegnato ad un’altra area vitivinicola, quella delle Langhe-Roero e Monferrato. Ma per le colline trevigiane si è trattato di un discutibile e controverso riconoscimento che ha prodotto acute polemiche e fronti contrapposti.

ALL’ENTUSIASMO E AI TONI TRIONFALISTICI degli amministratori della Regione Veneto e delle associazioni dei produttori vinicoli, si contrappone lo sconcerto e la preoccupazione dei comitati locali e delle associazioni ambientaliste. Bastava ascoltare la bellissima trasmissione di Rai Radio 3, Tutta la città ne parla, di lunedì 8 luglio, per comprendere la contrarietà delle popolazioni locali, che vedono premiato un modello produttivo che sta causando irreversibili danni all’ambiente e alla salute. Perché sono state ignorate dai rappresentanti Unesco tutte le battaglie portate avanti dalla popolazione dei 15 comuni trevigiani contro i pesticidi e per una agricoltura sostenibile.

L’UNIONE ITALIANA VINI (UIV), attraverso il suo presidente Ernesto Abbona, celebra il valore universale di un paesaggio culturale e agricolo unico, con la creazione di un prodotto di successo, ma anche la salvaguardia di un territorio straordinario». Ma un territorio in cui non si tutela la salute dei suoi abitanti come può diventare patrimonio dell’Umanità? Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, membro di Isde-Medici per l’ambiente, con cui ci siamo messi subito in contatto, non usa mezzi termini nel commentare la decisione: «Il riconoscimento è una infelice medaglia al modello agricolo industriale che caratterizza il territorio trevigiano. La parola pesticidi non è stata mai pronunciata dai rappresentanti Unesco durante la discussione finale. La ricerca scientifica indipendente ha dimostrato che l’esposizione cronica ai pesticidi produce alterazioni del Dna. C’è, inoltre, un serio problema che riguarda l’attendibilità degli organismi di controllo».

IL PESTICIDE ACTION NETWORK (PAN) aveva scritto una lettera al Comitato Unesco per contestare la candidatura e in cui si affermava: «Nella regione del prosecco Docg, i vigneti coprono sia le aree urbane che quelle collinari, dove vengono utilizzati pesticidi pericolosi che producono effetti negativi sulla salute della popolazione locale e sulla qualità della vita nella regione. Si chiede di non assegnare alcun riconoscimento fino a quando non verrà interrotto l’impiego di queste sostanze». Anche l’European Consumers, che riunisce le associazioni europee dei consumatori, aveva sollevato il problema del massiccio uso di pesticidi e le alterazioni del paesaggio per produrre il prosecco. La coltivazione della vite ha ridisegnato il paesaggio delle colline trevigiane e di vaste aree del Veneto e del Friuli. Dal 2009 sono state regolate per legge le zone di produzione: Conegliano, Valdobbiadene e Asolo per il prosecco Docg, la zona che va da Vicenza arriva a Trieste per la produzione Doc. Sono state create le condizioni per favorire una esplosione produttiva che ne ha fatto il vino italiano più esportato nel mondo. I numeri fanno impressione.

NEL 2018 SONO STATE VENDUTE 464 MILIONI di bottiglie di prosecco Doc e due bottiglie su tre sono andate all’estero. Si è affermata una viticoltura intensiva in cui si fa largo uso di erbicidi, insetticidi, fungicidi. Il Veneto detiene il primato nell’impiego di pesticidi: 11,7 kg per ettaro contro una media nazionale di 4,9 kg. La produzione industriale del prosecco Doc si è estesa su ben 24 mila ettari tra Veneto e Friuli, determinando uno stravolgimento del territorio interessato. I vigneti si sono estesi, occupando aree boschive e sostituendosi ad altre coltivazioni, a ridosso dei centri urbani, in un territorio densamente popolato. La vicenda dell’asilo di San Giacomo, nel Comune di Vittorio Veneto, con la battaglia portata avanti dai genitori per difendere la salute dei loro bambini, è un esempio di quanto siano invasivi i vigneti in queste zone.

UNO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA ha rilevato che la coltivazione intensiva della vite per il prosecco è responsabile del 74 per cento dell’erosione totale del suolo. Il poeta e scrittore Andrea Zanzotto, che è nato e vissuto nelle colline trevigiane, nel 2001 in «Sovrimpressioni» affrontava il tema della distruzione del paesaggio e nel febbraio del 2009, in una conversazione col giornalista coneglianese Marzio Breda, parlava di un «progresso scorsoio», un modello di crescita autolesionista, senza alcun rispetto per il territorio e la qualità della vita.

CARLO PETRINI, NEL COMMENTARE la decisione Unesco, sembra richiamarsi al poeta trevigiano, quando afferma che «l’agricoltura non va affrontata con una logica estrattiva e predatoria e una monocoltura così intensiva non può garantire un equilibrio con l’ambiente». Sono in molti a domandarsi se il riconoscimento Unesco alle colline del Prosecco possa favorire l’affermarsi di una produzione rispettosa dell’ambiente e della salute.

IL COMITATO MARCIA STOP PESTICIDI in un comunicato mette in evidenza che «siamo di fronte a una vittoria dei Signori dei vigneti che rischia di diventare una sconfitta per il territorio e le popolazioni. È legittimo dubitare che questo riconoscimento possa perseguire l’obiettivo strategico di tutelare quello che viene definito “un patrimonio culturale e paesaggistico unico al mondo”, dal momento che è essenzialmente una grande operazione di marketing per dare un valore aggiunto al prodotto-prosecco. Senza una politica attiva di tutela ambientale e di cambiamento, il riconoscimento rischia di diventare una specie di sanatoria della difficile situazione ambientale, come dimostrano i precedenti di Venezia e delle Dolomiti. Il riconoscimento Unesco dovrà essere accompagnato da misure conseguenti, chiare e forti di salvaguardia ambientale e di vero cambiamento produttivo. Il Comitato riafferma la richiesta di bloccare l’espansione dei vigneti, adottare misure di protezione dei cittadini in tutti i luoghi sensibili, avviare e finanziare la riconversione biologica delle produzioni agricole con progressiva riduzione del consumo di pesticidi in tutto il territorio trevigiano, bellunese e veneto».

ANCHE L’ASSOCIAZIONE GRUPPO MAMME Revine Lago prende posizione per denunciare «quanto sia amaro il calice che le bollicine del prosecco nascondono e che gran parte della popolazione locale conosce molto bene. Centinaia di tipi di pesticidi dagli effetti spesso ancora sconosciuti, erosione del suolo, morie di api, corsi d’acqua e pozzi contaminati, abbandono delle millenarie-sensate forme di economia locale, monocoltura della vite che ha cancellato la biodiversità. È questo il patrimonio dell’Umanità da tutelare e da far conoscere e apprezzare da tutto il mondo?»

In una zona in cui i centri abitati e i vigneti si alternano, la tutela della salute delle popolazioni non può essere subordinata alla tutela del prosecco.