Amulsar» in armeno significa «montagna sterile», ma almeno secondo i parametri del business non lo è di certo. La vena d’oro scoperta dentro la sua pancia nel 2006, al confine tra i fiumi Arpa e Vorotan nel sud-est del paese, è di quelle da far girare la testa a chiunque e ancor di più ai governanti di un paese povero di risorse naturali e con un reddito pro capite medio di 4500 dollari l’anno. Secondo i geologi, dalla montagna si potrebbero estrarre 31 milioni di tonnellate di minerale e dalle 40 alle 70 tonnellate di oro puro. Peccato però che, come denunciano da anni gli ambientalisti e i residenti del piccolo paese ex-sovietico, l’operazione danneggerà in modo irreparabile l’adiacente lago Sevan e l’incantata cittadina di villeggiatura di Jermuk.

SI TRATTA DI UN MOVIMENTO DI PROTESTA diffuso che sta trovando sempre più sostenitori anche a Erevan. Il 20 agosto si è svolta un’azione di protesta proprio nel centro della capitale, dove sono stati srotolati striscioni dove vi era scritto: «Finché ci siamo, la miniera non ci sarà» e «Amulsar rimarrà solo una montagna». Durante il presidio, davanti all’edificio che ospita il governo, i manifestanti sono tornati a chiedere una valutazione indipendente dell’impatto ambientale dell’operazione. Il governo però non vuole sentirci e sottolinea che l’estrazione dell’oro fornirà al bilancio armeno 150 milioni di dollari di entrate aggiuntive a bilancio. Una svolta che molti elettori e sostenitori dell’attuale presidente Nikol Pashinyan mal digeriscono. L’analista politico armeno Norayr Dunamalyan ritiene che «la svolta industrialista di Pashinyan sulle questioni ambientali è diventata una specie di Rubicone. Molti sostenitori volteranno le spalle al capo del governo».

PASHINYAN – GIÀ ATTIVISTA DEI DIRITTI CIVILI – era arrivato al potere nel 2018 a seguito di una «rivoluzione di velluto» che prometteva trasparenza e lotta alla corruzione. «Se la miniera minaccerà l’ambiente, non funzionerà», aveva sostenuto il premier solo due anni fa. Ma gli interessi in campo sembrano avergli fatto cambiare idea. La compagnia angloamericana Lydian Armenia, che dovrebbe gestire lo sfruttamento del filone aureo, conduce da dieci anni lavori di esplorazione sul campo e dal 2016 ha iniziato a preparare lo sfruttamento della montagna. Ad oggi, circa 400 milioni di dollari sono stati investiti nel suo sviluppo e le autorità, dalla Lydian e dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, definiscono il progetto Amulsar il più grande programma di investimenti internazionali nella storia del paese.

LO SCONTRO TRA DIMOSTRANTI E SOCIETÀ anglosassone sul territorio è duro: all’inizio di agosto agenti della sicurezza della Lydian Armenia hanno demolito il presidio degli attivisti sulla strada che porta alla miniera e lo scontro si è allargato in tutta la provincia. Le proteste si sono svolte non solo nei pressi dell’autostrada, ma anche nella vicina Jermuk. Diverse dozzine di ambientalisti sono stati arrestati con l’accusa di aver partecipato a sassaiole e tentato di lacerare i pneumatici delle veicoli della Lidyan Armenia, ma sono riusciti a raggiungere il loro obiettivo di ricostruire il punto di contatto per gli attivisti della zona.
Il 7 settembre scorso gli ambientalisti hanno riferito che le guardie dell’azienda li hanno attaccati alla periferia del campo. «I nostri compagni sono stati duramente picchiati. Abbiamo tutte le ragioni per dire che alle guardie è stato assegnato un compito chiaro: usare la forza contro i residenti della comunità», ha denunciato l’attivista Shirak Buniatyan. «Abbiamo attirato l’attenzione sul fatto che si prevede di estrarre l’oro utilizzando il cianuro di sodio che ossida l’acqua e gli esperti hanno previsto che i fiumi inquinati forniranno sempre di più acqua non potabile danneggiando anche l’irrigazione e le sorgenti minerali della località turistica di Jermuk, ma nessuno all’interno del governo vuole sentire ragioni», denuncia ancora Buniatyan.

Molti studiosi hanno confermato che alcuni mutamenti che si stanno effettivamente producendo nell’ambiente naturale. A partire dal 2017 è stato riscontrato un aumento del contenuto di polvere nell’acqua di Jermuk e la quantità di pesci morti negli allevamenti ittici locali è aumentata. Fenomeni di inquinamento che colpiscono i residenti locali, che sempre di più soffrono di attacchi asmatici, malattie polmonari, mal di testa e insonnia.

GLI ECONOMISTI AFFERMANO che un conflitto sociale centrato su una questione ambientale influisce negativamente sull’economia armena nel suo complesso. Secondo i dati del 2019, l’afflusso netto di investimenti esteri è stato di soli 16,8 milioni di dollari. «Nessuno investe solo denaro. I potenziali investitori studiano prima quali organizzazioni internazionali sono attive nel paese. E i problemi che si sono trovati di fronte gli investitori nella miniera d’oro influenzano le decisioni sugli investimenti nell’economia armena», afferma l’economista Pandukht Martirosyan.