Il Kenya ha chiuso da ieri a tempo indeterminato il confine con la Somalia, in particolare il valico di Lamu, sarà consentito il passaggio solo a doganieri e agenti della sicurezza.

La decisione è stata presa dalle autorità keniote ufficialmente sia per rafforzare il contrasto alle scorribande dei miliziani Shabab dopo gli ultimi rapimenti di turisti – tra cui la volontaria Silvia Romano, di cui non si hanno notizie dal 20 novembre scorso – sia per limitare l’intenso contrabbando di merci, droga e esseri umani.

Il capo della polizia frontaliera della contea ha sequestrato – si legge sul giornale Garowe online – dieci sacchi di zucchero brasiliano importato illegalmente nel villaggio di Kiunga. Ma è evidente come non sia questo il nodo tra Kenya e Somalia, anche perché da anni la quasi totalità delle merci acquistabili in Somalia sono importate, e per lo più attraverso canali informali.

La chiusura del confine arriva ad appena una settimana dalla messa al bando da parte di Nairobi delle attività di pesca a largo della costa somala. Quel tratto di mare è oggetto di un’aspra disputa tra i due Paesi africani sui rispettivi confini marittimi, disputa che nel 2014 è approdata alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, senza trovare soluzione.

La contesa si è riaccesa a fine maggio quando il Parlamento di Mogadiscio ha approvato una legge per regolamentare le concessioni petrolifere: quel tratto di 100 mila chilometri quadrati di mare tra Garad e Kismayo è infatti ricco di giacimenti offshore in base ai rilievi fatti da compagnie britanniche