Il Jobs Act di Renzi pare piacere un po’ a tutti: ieri le proposte del segretario Pd hanno raccolto un primo ok dalla Ue, e un imprimatur forse solo simbolico, ma comunque abbastanza significativo, quello della ex ministra Elsa Fornero. Non è una novità che la Fiom di Maurizio Landini sia pronta a discutere, e via via si apre anche il fronte della Cgil. La stessa minoranza Pd, con un Cesare Damiano prima piuttosto ostile, adesso sembra più disponibile al dialogo.

Il documento piace anche a Pietro Ichino (che in parte, del contratto a tappe, insieme al duo Boeri-Garibaldi, è un ispiratore), mentre per trovare una bocciatura netta dobbiamo andare dalle parti degli alfaniani: con lo stesso vicepremier, che lo definisce una old soup, una zuppa riscaldata, e l’esperto Maurizio Sacconi. No deciso anche da Forza Italia, con Renato Brunetta, e dal fronte della iper-sinistra sindacale: secondo l’Usb e Giorgio Cremaschi, rappresenterebbe il ritorno in veste nuova del «solito liberismo».

Le proposte di Renzi sono «un nuovo programma», e sembrano «andare nella direzione auspicata dall’Ue in questi anni», anche se «aspettiamo i dettagli», dice il commissario al Lavoro Laszlo Andor. Secondo Andor occorre «rendere il mercato del lavoro più dinamico e inclusivo, affrontando i temi delicati della disoccupazione giovanile e dell’occupazione delle donne». Tra le questioni che incidono di più sulla situazione italiana, Andor sottolinea: «l’eccessiva segmentazione del mercato del lavoro», «il gap generazionale tra le persone colpite dalla disoccupazione».

Per la ex ministra Elsa Fornero, «c’è continuità con la nostra riforma, ci sono buone enunciazioni ma la difficoltà sarà realizzarle». Fornero promuove anche l’assegno universale per chi perde il lavoro («Noi però – osserva – avevamo vincoli finanziari troppo stringenti») e l’idea di ridurre le forme contrattuali («che però non sono affatto 40»).

La segretaria della Cgil Susanna Camusso apprezza alcune proposte, come quella di ridurre le forme di contratto, e anzi ne rivendica l’origine alla stessa Cgil, ma vede poco coraggio al momento in cui si parla delle risorse. Insomma c’è’ un elenco di cose da fare e finanziare, ma dove si prendono i soldi? Renzi non avrebbe il coraggio di pronunciare la parola «patrimoniale»: «Avremmo sperato in una maggiore ambizione, a partire ad esempio dalla creazione del lavoro, delle risorse – penso alla patrimoniale – ma è già importante avere il tema del lavoro al centro del dibattito», dice Camusso. «Che si dica esplicitamente che bisogna ridurre le forze del lavoro – ha aggiunto poi – è una novità assolutamente importante. Finora lo dicevamo solamente noi. Credo che questa sia materia sulla quale si potrà sicuramente discutere».

Sulla linea della Cgil, anche Cesare Damiano: «Il contratto unico deve essere accompagnata da un forte disboscamento delle forme di assunzione flessibili. E, terminato il “periodo di prova”, va riconosciuta ai neo assunti la protezione dell’articolo 18 sia per i licenziamenti discriminatori che economici».
Primo ok anche da Maurizio Landini, che dice però di voler aspettare il testo dettagliato: «Ma rimettere al centro il lavoro è condivisibile». «Che ci sia bisogno di un piano lavoro, di riprendere gli investimenti, di tassare i patrimoni e la rendita, di estendere gli ammortizzatori sociali a chi non ce l’ha – ha poi spiegato Landini – mi sembra chiaro. Io aggiungo il tema dei contratti di solidarietà e della riduzione degli orari di lavoro».

La critica sulle risorse necessarie a realizzare un Act forse troppo ambizioso viene anche da due ministri del governo Letta, Enrico Giovannini (Lavoro) e Flavio Zanonato (Sviluppo). «Ad esempio, per ridurre del 10% il costo dell’energia, bisogna trovare 4,2 miliardi», nota Zanonato. «Proposte che prevedono investimenti consistenti», dice Giovannini.

No da tutto il fronte dell’ex Pdl, da Alfano a Brunetta. In particolare, al centrodestra non piace la proposta di sfrondare il numero dei contratti, come la possibilità che i lavoratori siedano nei cda delle aziende.

«Favorevoli» si dicono anche Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil), mentre l’Usb annuncia una «grande, continua e dura mobilitazione» in difesa dello Statuto dei lavoratori. Cremaschi conclude attaccando le aperture dei colleghi Camusso e Landini.