Il suo Crotone calcio naviga a vele spiegate verso il porto della serie A. Il suo impero milionario nel settore rifiuti si allarga sempre più. Fatturati e utili volano. È un momento d’oro per Raffaele Vrenna, ras della monnezza e dei «servizi ambientali», a capo dell’omonimo gruppo industriale. Da poco riabilitato da una sentenza della Cassazione. Dopo aver incassato l’assoluzione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, il patron del Crotone calcio è stato definitivamente scagionato anche da quelle di corruzione elettorale e falso. La suprema corte ha annullato senza rinvio, perché il fatto non sussiste, la sentenza emessa un anno fa nel processo d’Appello bis scaturito dall’inchiesta Puma con cui fu disposto il non luogo a procedere per prescrizione nei confronti di Vrenna.

A tutta discarica

Dopo ben 16 anni di gestione commissariale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, durante i quali sono stati spesi due miliardi di euro, e dopo un anno di gestione politica da parte dell’assessore regionale all’Ambiente, il crotonese Franco Pugliano, la Calabria è sommersa dai rifiuti, la differenziata langue, le discariche illecite abbondano: ben 44, record in Italia. A febbraio, causa maltempo, ha chiuso la discarica di Pianopoli, a due passi da Catanzaro, unico sito di conferimento individuato come utilizzabile dalla Regione. E così, con un’ordinanza cucita su misura, l’assessorato all’Ambiente ha deciso che per tamponare l’emergenza bisognava sversare 400 tonnellate di rifiuti «tal quale» al giorno nella discarica di Celico, nell’altipiano della Sila. L’invaso è di proprietà della società MI.GA. Srl che fa capo, guarda caso, al gruppo Vrenna, e sorge a ridosso del parco nazionale della Sila, candidato a Mab Unesco, a 500 metri di distanza dai centri abitati, a un’altitudine di 800 metri, a ridosso dei torrenti Pinto e Cannavino, in un’area a forte rischio sismico. Insomma, qualunque Paese normale non avrebbe mai concesso tale autorizzazione, con possibili danni all’ambiente circostante, avvelenamento di torrenti e falde acquifere, salute a rischio per gli abitanti di Presila e Cosenza. L’ordinanza, com’era prevedibile, ha prodotto un moto di sollevazione della popolazione. Il Comitato ambientale presilano, con un presidio permanente, ha ostacolato il transito dei camion pieni di «tal quale». Più volte la polizia ha cercato lo scontro, provando invano a sgomberare l’area. Ma la resistenza degli abitanti è pugnace. Un gioco al massacro, fondato sull’emergenza perpetua. Utile a pochi e dannoso a tanti. Per affrontare l’imminente crisi dovuta alla scadenza del decreto con cui l’ex governatore Scopelliti autorizzava il conferimento dei rifiuti «tal quale» in discarica, il dipartimento Ambiente della regione Calabria nelle settimane scorse ha proposto, tra le altre presunte soluzioni, l’intensificazione del lavoro dell’inceneritore di Gioia Tauro, l’utilizzo temporaneo di impianti mobili per la tritovagliatura e la stabilizzazione dell’umido. E, ciliegina sulla torta: la produzione di ecoballe da stivare nella zona industriale di Lamezia.

Un prete scomodo

«Siccome conosco tutto di Don Tommaso, è meglio che non ne parli. Il mio giudizio è sospeso». Parola di Monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza. L’alto prelato lo ha ribadito in un recente confronto con il magistrato antimafia Nicola Gratteri, su Radio Tre. Durante la conversazione, Gratteri aveva bacchettato la Chiesa calabrese per la sua complicità con la ‘ndrangheta, ricordando che Don Tommaso è divenuto bersaglio di attacchi ecclesiastici un minuto dopo aver collaborato alla stesura del libro «Acqua santissima», scritto dallo stesso procuratore antimafia e dallo studioso Antonio Nicaso. Il volume approfondisce i legami tra mondo ecclesiastico e criminalità.
Don Tommaso Scicchitano, parroco di Donnici, nei pressi di Cosenza, è il nuovo don Vitaliano della Sala, in tutti i sensi. Con due lettere in sequenza, Nunnari gli ha annunciato che se continua così, lo sospenderà. Qualcosa di analogo avvenne in Irpinia tra lui e Vitaliano, sacerdote impegnato nel ciclo di lotte sociali del 2001 contro i padroni della Terra, a cavallo del G8 di Genova. Cambiano la diocesi e il prete, ma il vescovo è sempre lo stesso. Secondo i vertici della chiesa calabrese, don Tommaso rischia di turbare le coscienze dei fedeli. Forse perché denuncia a voce troppo alta gli interessi sporchi che si annidano nei business dell’edilizia e dello smaltimento dei rifiuti? Nella sua pacata replica a Nunnari, il parroco di Donnici rivolge un appello a papa Bergoglio, affinché «scelga per il popolo di Dio guide sagge e coraggiose che non abbiano altre obbedienze che la Chiesa e il vangelo». A Donnici don Tommaso ha partecipato alla mobilitazione dei comitati contrari alla realizzazione di un centro per la raccolta dei rifiuti, che nell’emergenza permanente calabrese rischiava di diventare l’ennesima discarica senza regole. Per il suo attivismo è stato anche oggetto di minacce. Durante un consiglio comunale a Cosenza, dai banchi consiliari qualcuno ha pure platealmente promesso che gli staccherà la testa.

Non solo ombre, dunque, nella vertenza calabrese sui rifiuti. Tra i sindaci volenterosi c’è Albino Gagliardi, primo cittadino di Saracena: sta provando a formare un consorzio di comuni virtuosi che scavalchi gli interessi delle società private e conferisca i materiali selezionati direttamente alle piattaforme Conai. Don Tommaso e Albino Gagliardi saranno in piazza, a Cosenza, oggi pomeriggio a partire dalle 16. Parteciperanno alla manifestazione regionale che chiederà «una diversa gestione, pubblica e partecipata, in difesa di salute e ambiente». E ribadirà: «Mo basta speculare sui rifiuti». Comitati provenienti da tutta la Calabria attraverseranno la città bruzia in corteo. Tutti uniti dietro lo striscione: «Abbiamo a cuore il nostro territorio. Decidiamo noi».