Chi arriva in Piazza della Repubblica a Pitigliano, grazioso paese di poco meno di quattromila abitanti in provincia di Grosseto, non può non ammirare il monumento in omaggio “Al Villano” realizzato per ricordare le origini contadine del borgo. Nel bronzo, opera di Mario Vinci, sono rappresentati un uomo e un asino intenti nel lavoro. In gran parte d’Italia, il Villano, il contadino, ha avuto l’asino come compagno affidabile nel duro lavoro dei campi. Un amico sicuro, per la sua versatilità, specie nelle zone di collina e montagna, con cui condividere tante fatiche. Negli anni ’50 del secolo scorso in Italia, stando a quanto riporta la Coldiretti, erano presenti quasi un milione di asini. Poi, con l’arrivo della meccanizzazione – in particolare l’introduzione di piccole macchine in grado di fare trasporti, esboschi e altre operazioni anche in zone molto impervie – il loro numero diminuì velocemente. Solo a partire dal Duemila si assistette a una inversione di tendenza con una importante risalita del numero di capi allevati che ha permesso di salvare dall’estinzione molte razze locali, come: Miccio Amiatino, Martina Franca, Ragusano, Sardo, Romagnolo, Asinara e Pantesco. Negli ultimi dieci anni la popolazione asinina, stando sempre a quanto riporta la Coldiretti, è aumentata del 400% e a oggi conta circa 62mila capi.

QUALI FATTORI HANNO GIOCATO a favore del ritorno di questo animale nelle aziende agricole e non solo? Ve ne sono certamente più di uno. In primo luogo l’impiego di questo animale negli agriturismi, nelle fattorie sociali e didattiche. Da qui poi altri svariati utilizzi ne hanno fatto aumentare il numero di capi allevati, come, per esempio, per i piccoli lavori sociali, nel trasporto di materiali in zone poco accessibili e nei boschi, nelle attività assistite con gli animali. Un impulso alla sua riscoperta lo ha dato anche l’allevamento per la produzione di latte – particolarmente consigliato ai soggetti deboli, prematuri, allergici, anziani – e nella cosmesi.
Nelle attività assistite con gli animali, quelle che rientrano nell’ambito della pet-therapy, «l’asino è il partner ideale», afferma Silvia Allegri, esperta di questo settore e autrice di due libri su questi quadrupedi, «per lavorare con persone adulte con disabilità o con bambini con sindrome di Down, autistici o con problemi di socializzazione. Ciò è dovuto al fatto che è estremamente intelligente, a dispetto di tanti detti popolari, e lo esprime nella sua apparente testardaggine. Questa non è altro che la capacità», continua Allegri, «di analizzare un problema in maniera razionale e con calma: se il cavallo, per esempio, scappa o va in panico davanti a un pericolo, l’asino, invece, lo osserva e dopo un’attenta analisi lo affronta. A quel punto, se si trova nuovamente in una situazione analoga, saprà già come affrontarla. Questo vuol dire», prosegue Allegri, »che non ha paura di improvvisi rumori o urla ed è quindi più adatto a lavorare con persone con difficoltà e che potrebbero avere reazioni imprevedibili. Inoltre, cosa molto importante, si lascia abbracciare dagli umani e ama il contatto. In un mondo di anaffettivi l’asino t’insegna a instaurare un rapporto anche fisico, accettando attenzioni e cure, ma sa anche dirti quando è il momento di smetterla insegnandoci, di fatto, a rispettare i tempi degli altri. Ecco perché a trarre vantaggio da questa relazione possono essere in particolare i bambini iperattivi, o ipercinetici: la presenza dell’asino ha un effetto calmante che si ripercuote poi anche in altri contesti, con una sorta di effetto a lento rilascio capace di creare uno stato di benessere prolungato», conclude Silvia Allegri.

GRANDE INTERESSE STA RISCUOTENDO anche il latte d’asina specie in pediatria, ma anche nella cosmesi. «La caseina, la principale proteina del latte di mucca, è la prima responsabile delle allergie al latte vaccino; nel latte di asina e in quello di donna è presente in quantità decisamente minori», afferma Paolo Pigozzi, medico-nutrizionista, «e con una struttura diversa, meno allergizzante. Il latte d’asina, inoltre, ha un contenuto di acidi grassi polinsaturi – necessari soprattutto per il corretto sviluppo del sistema nervoso del lattante – del tutto simile a quello umano ed è molto ricco di lisozima, una proteina caratterizzata da elevate proprietà antibatteriche che sono in grado di proteggere il neonato da possibili patologie infettive. Se lo confrontiamo», continua Pigozzi, «con quello di altre specie di mammiferi, il latte d’asina presenta una composizione molto più simile a quello di donna ed è, nello stesso tempo, molto meno allergizzante. Nel 2018 una preparazione modificata di latte d’asina è stata utilizzata», ci tiene a segnalare il medico-nutrizionista, «per integrare l’alimentazione di neonati prematuri presso l’Ospedale S. Anna di Torino. Mettendoli a confronto con altri prematuri la cui dieta era stata integrata con latte vaccino è emerso che nei soggetti che assumevano il prodotto a base di latte d’asina i casi d’intolleranza alimentare erano di 2,5 volte inferiori. Si tratta di un risultato importante, sia perché accelera i tempi di un rapido ritorno a casa, sia perché influisce positivamente sullo stato di salute anche nell’adolescenza e in età adulta», conclude Paolo Pigozzi.

SULLA SPINTA DI QUESTE PROPRIETÀ e delle tante richieste di questo prodotto sono sorti in Italia diversi allevamenti di asini per la produzione di latte. L’azienda agricola Montebaducco di Quattro Castella (Reggio Emilia) è una delle prime in Italia che si è cimentata in questa attività sin dal 1990. Oggi conta circa 800 capi allevati in grandi spazi seguendo i dettami della zootecnia biologica. «Ogni asina produce circa 5 litri di latte al giorno (una vacca 25-30 e più)», racconta Davide Borghi, titolare dell’azienda agricola, «per circa 8 mesi all’anno, il periodo di lattazione. Noi però ne utilizziamo solo 1-1,5 litri al giorno e non tutti i giorni perché bisogna alimentare il puledro in modo sano e naturale». Il latte prodotto viene trasformato e venduto in azienda o in negozi «a chi è allergico al latte vaccino, ma una parte la destiniamo anche», prosegue Borghi, «alla creazione di nuovi alimenti come biscotti e gelati o di cosmetici».

GLI ASINI TROVANO SEMPRE PIÙ SPESSO impiego anche per scopi sociali e culturali. Alcune amministrazioni di piccoli comuni di montagna, infatti, se ne servono per lavori dove nemmeno «l’ape», il ciclomotore più usato in queste situazioni, riesce a essere utile. È il caso della raccolta differenziata in centri abitati con strade strette o ripide; oppure impiegati come dei rasaerba per tenere pulite le scarpate delle strade, i parchi o le aree difficilmente sfalciabili. Sono anche portatori, nel vero senso della parola, di cultura. L’esempio è il progetto «Biblioasino, libri in prestito a passo d’asino», voluto da Lucia Pignatelli, «asinara», come ama definirsi, e maestra montessoriana. «Per questa idea mi sono ispirata», racconta la Pignatelli, «ai principi della Biblioteca fuori di sé, che fa sì che la biblioteca esca dalle sue mura per incontrare nelle strade e nelle piazze i bambini e coloro che non sono fra i suoi abituali frequentatori. Con il mio grande amico asino Serafino ho portato libri ai bambini di Milano e provincia, ma anche di Roma e periferie. A noi non interessa correre, noi abbiamo il passo lento della lettura e speriamo, con la nostra gentilezza, di essere portatori di un messaggio di pace». Anna Lavatelli, nel 2014, sulla storia di Lucia e Serafino ha scritto un libro dal titolo L’asino che legge.