Il gesto ampio di chi dispiega il gran rotolo d’una carta geografica si comunica all’andamento della prosa di Daniello Bartoli (1608-1685) che si appresta a indicare quanto di regni e province «raccoglie la signoria del Gran Mogor». Nell’elencare quegli innumerevoli territori, la parola di Bartoli par quasi che li sorvoli. Si alza a misura che si estende il susseguirsi di quelle terre sterminate e plana da un versante all’altro, mentre annota quei nomi dal suono esotico, come rintocchi musicali fatti risuonare quando si indica un confine, una città o un gran fiume. Si compone attraverso quelle parole un insieme di mappe che ci vengono offerte per orientarci negli itinerari ideali che terremo noi nel corso della nostra visita.

Che è dire durante la nostra lettura. Le vicende e i casi, gli uomini e i loro propositi potremo noi collocarli nel fastigio dei luoghi che ci son stati in anticipo descritti con le loro peculiarità. E le rigogliose vegetazioni dei coltivi, e quelle cupe foreste dove, nel fitto, trovan ricetto sanguinarie fiere, e i boschi da attraversare con cautela guidati e protetti dagli uomini del re. E i lenti, maestosi fiumi nel cui letto scorrono acque che solo equipaggi esperti navigano, se ne conoscono le anse, là dove le correnti filano, e sanno veleggiare lontano dai gorghi infidi che afferrano le barche, anche quelle regali, le più sontuose e gagliarde, in poderose spire. E le montagne, dove più vicini al cielo santi uomini abitano i monasteri costruiti in antico al sommo di formidabili precipizi.

Da lassù, le preghiere e le salmodie mattutine son portate dai venti oltre i crinali verso le valli. E, prima delle grandi città, lungo le strade ove caracolli a dorso d’elefante, i piccoli villaggi, le case che si rinserrano al calar della sera, fioche le lampade a notte. Ecco il Regno di re Achabar, il Gran Mogor «fra l’Indo e ’l Gange, anzi assai più oltre che quanto essi comprendono dalle fonti alle foci» del quale Bartoli intende fornirci una «brieve contezza».

Seguiamo le sue parole: il Gran Mogor di re Achabar «s’allarga e distende ampissimamente: peroché, da verso Settentrione, sale fino a trentacinque gradi d’altezza, dove il Caucaso gli attraversa a’ confini una lunga catena di monti che gli fan muro, con che si parte e difende da’ Tartari. Quinci, a Levante, il termina e ’l ripara un braccio, come certi credono, dell’Imavo, rupi altissime, e chiuse da orribili precipizi. Da Mezzodì entra nel Tropico, e quivi da l’un lato ha il golfo del Bengala, dall’altro quel di Cambaia, e fra loro le provincie del Canarà e Decan. Verso Ponente, va oltre fino incontro alla Persia». Bartoli volge così l’occhio a indicarci da ogni lato gli estremi confini del Regno.

E ora, diresti, piega lo sguardo sopra la vastità dei territori per dar rilievo alla città famose, celebrate tanto da esser tenute per leggendarie. «Così, nel compreso della signoria del Mogor, entra e s’incorpora l’Indostan, cioè quella che propriamente è l’India, e seco, fra le altre città, la tanto famosa Deli, dove già per antico i Re Bramani usarono consecrarsi: ma ella non è oggi in quella magnificenza, né in quel conto, che già ne’ tempi andati, ma Agrà, corte, e Lahor, capo e camera dell’Imperio». Per raggiungere il Gran Mogor e predicarvi la parola di Cristo, Padre Ridolfo Aquaviva che nel 1568, a diciotto anni, aveva vestito l’abito della Compagnia di Gesù, con altri due compagni si parte da Roma a fine novembre del 1577. Raggiunge Toledo e a metà febbraio del 1578 è a Lisbona. Dal porto di Lisbona la San Gregorio, sulla quale è imbarcato leva l’ancora il 24 marzo di conserva con altri due velieri, alla volta di Goa. Doppiano il 20 giugno il Capo di Buona Speranza.

Alla fine di luglio fanno scalo a Mozambiche. Riprendono il mare a metà agosto e giungono a Goa il 13 settembre. Aquaviva e i suoi sono invitati a corte da Re Achabar nella città di Fatipur. «In nave fino a Surrante, indi per attraverso il Mogor, dopo quarantatré giorni di cammino per terra», vi giungono il 27 febbraio del 1580. Bartoli era entrato nella Compagnia di Gesù con l’intento di recarsi in India per predicarvi il Vangelo, ma, dai superiori destinato agli studi, non lasciò mai l’Italia.