È il primo pomeriggio quando ArcelorMittal, con uno scarno comunicato, conferma quel che era già evidente dalle 23.30 della notte precedente, quando al termine di un lunghissimo incontro con i vertici della multinazionale, prima solo i due Mittal, poi anche anche l’ad Lucia Morselli, un comunicato della presidenza del consiglio aveva annunciato la fumata bianca. Mittal sottoscrive, senza addentrarsi nei particolari, illustrati invece dal governo italiano: «L’incontro è stato costruttivo. Le discussioni proseguiranno con l’obiettivo di raggiungere al più presto un accordo per una produzione sostenibile di acciaio a Taranto».

È SIGNIFICATIVO che né il premier a caldo, né ieri il ministro dell’Economia, abbiano adoperato toni trionfalistici. Regna al contrario la massima prudenza. La trattativa, sottolineano quelli che dovranno gestirla, non sarà affatto facile. «La situazione si è rimessa su binari positivi. Sarà un negoziato difficile ma che può concludersi con un rilancio, coniugando sviluppo e ambiente»: il ministro Roberto Gualtieri è attento a non allargarsi troppo ma neppure nasconde soddisfazione e ottimismo.

Il punto di partenza della trattativa è lo scambio tra rinvio dell’udienza fissata per il 27 novembre presso il Tribunale di Milano della causa per il ricorso contro Mittal dei commissari e l’assicurazione della multinazionale di mantenere tutti gli impianti in funzione per l’intera fase negoziale. Sugli esuberi, sul cui numero il confronto resta aperto, il governo ha messo nero su bianco, nel comunicato notturno, che dovrà esserci «l’accordo con le organizzazioni sindacali». È la parte più delicata della trattativa. Le tre confederazioni hanno ribadito ieri la loro linea: rispetto dei patti sottoscritti nel settembre 2018 e nessun esubero strutturale. Le casse integrazione dovranno essere congiunturali e sul numero oscillano al momento tra un minimo di duemila e un massimo di tremila.

Dello scudo penale e dello spegnimento ordinato dalla magistratura dell’Altoforno 2 ufficialmente non si è proprio parlato. Non ce n’era bisogno. Il decreto in materia sarà giocoforza il coronamento dell’accordo, se ci si arriverà.

In realtà il confronto verterà nelle prossime settimane su aspetti più strategici: l’ingresso dello Stato con Mittal, che sgraverebbe la multinazionale di parecchi costi, e in prospettiva un piano ben più ambizioso, decarbonizzazione, ridimensionamento del ruolo dell’acciaieria nel tessuto tarantino, bonifica e riconversione dell’intera struttura della città, come già promesso dal premier Conte. L’obiettivo reale dovrebbe essere quello, per uscire dalla tenaglia mortale tra lavoro e salute che stritola Taranto. Ma se le buone intenzioni sono certe, la possibilità di procedere sono dubbie. Il governo certamente vuole ma non è detto che possa, dati gli elevati costi. Mittal, che ha per stella polare solo il profitto, probabilmente non vuole.

LA PARTITA È APERTA ma il passo più importante è stato fatto. Il governo ne esce abbastanza bene. La strategia di Giuseppe Conte (e del Colle), consistente nello schierare un sistema nazionale unito in tutte le sue articolazioni per mettere fuori gioco l’opzione chiusura alla quale probabilmente mirava la multinazionale, ha funzionato. I franco-indiani hanno rinunciato al progetto di massima, sbarazzarsi dell’Ilva in modo da lasciare solo terra bruciata alla concorrenza. Per Conte è una vittoria. Il prezzo sarà esoso. Tra l’eventuale compartecipazione, lo sconto sull’affitto, che sarà robusto, le casse integrazione per migliaia di lavoratori il costo per lo Stato sarà elevato. È comunque la soluzione migliore rispetto al disastro che avrebbe provocato la chiusura immediata dell’acciaieria ma non si tratta di un successo ottenuto a basso prezzo.

MA SOPRATTUTTO si è chiarito in queste ultime settimane, e si chiarirà ancor più nelle prossime, che il dramma di Taranto e dell’ex Ilva è ben lontano dalla soluzione. L’accordo, se ci sarà, siglerà solo una transizione, sia perché il mercato dell’acciaio non attraversa solo una crisi congiunturale, sia perché in prospettiva slegare la sorte di Taranto dall’acciaio è obbligatorio. È su quel fronte che il governo, questo o qualunque altro, dovrà misurarsi entro tempi non biblici.