Sembrava la classica boutade estiva lanciata da Giuseppe Conte, distinguendosi dai tanti predecessori – Berlusconi e Renzi – che hanno fallito nel tentativo di unire la Sicilia alla penisola. Non più l’ormai rottamato ponte sullo stretto di Messina, bensì un tunnel sotterraneo meno impattante dal punto di vista ambientale da costruire comunque dopo aver prima portato l’alta velocità ferroviaria sia in Calabria che in Sicilia.

E INVECE SI SCOPRE CHE l’intero governo giallorosso ci punta veramente tanto da metterlo ai primi posti nei progetti da finanziare con il Recovery Fund europeo.
Dopo l’intervista di domenica sera del presidente del Consiglio, ieri la svolta si è concretizzata nelle parole della ministra – competente in materia – Paola De Micheli che ha svelato: «Abbiamo avuto una proposta da parte di un gruppo di ingegneri che ci ha sottoposto questa ipotesi del tunnel sottomarino al posto del ponte sullo Stretto di Messina, presenteremo la nostra proposta in sede di Recovery Fund per completare il collegamento tra Messina e Reggio Calabria».

L’ITER VIENE SEGUITO in prima persona dal viceministro M5S alle Infrastrutture, il siciliano Giancarlo Cancelleri. «Il tunnel sottomarino è l’unica soluzione», va ripetendo da tempo l’esponente grillino, che sembra essersi convinto della bontà di questa soluzione. Il gruppo di lavoro si è riunito all’inizio dell’anno, con qualche piccola battuta d’arresto a causa dell’emergenza Covid, e ora si è tornato a riunire.

IL PROGETTO SAREBBE QUELLO dell’ingegnere Giovanni Saccà: 4 km di tunnel a 150 metri di profondità tra Villa San Giovanni e la contrada Arcieri di Messina, costo 1,6 miliardi – quasi metà dei 3 miliardi del ponte – per corsie per auto, treni e camion.

«Quella dei tunnel sottomarini è una tecnologia utilizzata in tutto il mondo, anche in zone sismiche come Giappone o Turchia, capaci di resistere a 7.5 gradi della scala Richter», spiegano fonti governative.

Gli esperti però rimangono divisi. «L’ipotesi di un tunnel fu a suo tempo, 20 anni fa, accantonata perché la zona è altamente sismica e c’è il problema delle correnti marine molto forti», spiega il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri Armando Zambrano. «Inoltre le difficoltà di questo tunnel sono enormemente diverse da altre situazioni come la Manica»: l’opera sarebbe infatti «molto più complessa» perché bisogna «scendere a profondità maggiori», spiega Zambrano. Detto questo però Zambrano rimane pro ponte e il suo giudizio pare poco obiettivo: il ponte è «realizzabile anche nell’immediato e avrebbe un’iconicità molto forte anche nel rilanciare l’ingegneria italiana». Addirittura.

Diverso il parere del geologo Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto italiano dei geofisica: «il tunnel è ingegneristicamente fattibile», ma va considerata la profondità dello Stretto di Messina», rileva Doglioni. Il problema è vedere dove si costruirebbe il tunnel, dal momento che lo Stretto di Messina è «attraversato dal sistema di faglie che nel 1908 generarono il sisma di Messina, e che permettono a Calabria e Sicilia di allontanarsi di un millimetro l’anno. Tutto dipende quindi da come sarebbe orientato il tunnel», aggiunge Doglioni, «ma in generale, in caso di terremoto, i tunnel sono tra le zone più sicure perché durante lo scuotimento non subiscono l’effetto di inerzia delle strutture in superficie».

Il primo progetto preliminare si concretizza nel 1992, ma è nel 2002 che il progetto parte sotto il terzo governo Berlusconi ed è il 2005 quando la Impregilo vince la gara come general contractor. Nel 2006, però, con la vittoria del centrosinistra, il progetto torna nel cassetto. Torna in auge nel 2008, ma con Monti l’Italia sembra aver chiuso col Ponte. Viene rilanciato da Renzi nel 2016, ma poi incontra la contrarietà di Toninelli nel 2019. Ora Cancelleri pare avere fatto cambiare a buona parte del M5s.

MA GLI AMBIENTALISTI rimangono giustamente contrari. «Anche il tunnel sarebbe una cattedrale nel deserto – spiega il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – prima è necessario far muovere i cittadini che vivono in Calabria e in Sicilia in maniera umana. Prima si fa tutto il resto, poi ragioniamo se c’è bisogno di spendere tutti quei soldi per fare un’opera faraonica che permette di ridurre il tempo di viaggio da 30 a 7 minuti».