Solo dopo le manifestazioni in quattro città per chiedere al governo di accogliere tutti i rifugiati di Moira, la pressione sulla Groko dei governatori di tre Land guidati dalla sinistra, e il pronto soccorso offerto da Armin Laschet, premier Cdu del Nordreno-Vestfalia (che da giorni ribadisce la disponibilità ad accogliere almeno 1.000 persone), la cancelliera Angela Merkel ha concordato la sua “mezza” «soluzione europea» con il presidente francese Emmanuel Macron. I due leader si sono messi d’accordo per ospitare nell’Ue 400 minori attualmente rinchiusi a Lesbo «in un’azione congiunta con altri Paesi europei» come conferma l’agenzia Dpa, specificando che il governo greco non ha chiesto di farsi carico di un numero maggiore di migranti.

Viene aggirata così l’opposizione del ministro dell’Interno Horst Seehofer: ancora una volta aveva posto il suo veto sui piani umanitari elaborati dai singoli Land.

Un compromesso raggiunto in extremis dopo che sia Merkel che Seehofer erano finiti sul banco degli imputati insieme a Bruxelles e al ministro degli Esteri, Heiko Maas (Spd), sempre più in versione pilatesca.

«Con gli altri Land abbiamo offerto il nostro aiuto. L’esecutivo federale avrebbe dovuto solo coordinare l’accoglienza. Invece Seehofer e Maas sono rimasti inattivi. Se l’Ue non è in grado di soccorrere poche migliaia di migranti, allora è una dichiarazione di bancarotta» è l’atto di accusa del governo di Düsseldorf che mirava a una quadra ben più ampia dell’accordo tra Merkel e Macron.

Fa il paio con la «frustrazione» del governatore socialdemocratico di Berlino. Dal Municipio Rosso Michael Müller aveva puntato l’indice contro la vicina “Lavatrice” (soprannome della cancelleria) facendo sapere come sia «incomprensibile il motivo per cui il governo Merkel non faccia il possibile per le città che hanno dichiarato la volontà di offrire un aiuto concreto, rapido e solidale. Non solo abbiamo la possibilità materiale di accogliere tutti i rifugiati di Moira, ma è anche nostro dovere farlo».

Tra gli «indignati» anche i primi ministri di Brandeburgo (Spd) e Turingia (Linke), per nulla inclini a ridurre l’aiuto ai “prigionieri” di Moira alle sole «tende e medicine» come aveva proposto Seehofer prima del “patto” franco-tedesco.

Il leader Csu non è mai stato così politicamente isolato, se non fosse per il tempestivo soccorso di Merkel: da agosto copre sistematicamente le spalle del ministro bavarese che secondo lei «ha agito correttamente».

Un colpo al cerchio della (ex) «politica di benvenuto», un altro alla botte dell’opportunismo tattico declinato al piccolo cabotaggio. La fotografia in bianco e nero di Angela nei panni della statista a intermittenza: capace di volare sopra le nubi dell’euro-populismo quanto di sguazzare nella palude delle alleanze imprescindibili alla tenuta del suo quarto mandato.

Da qui la “mezza” soluzione che tiene insieme tutto e tutti. Poco importa se a Berlino in 3.500 sono scesi in strada a favore dell’accoglienza di tutti rifugiati di Lesbo (1.200 ad Amburgo, 400 a Francoforte, altre centinaia a Lipsia) chiedendo l’«evacuazione di ogni singolo campo-profughi greco e l’intervento umanitario dell’Unione europea». Scandendo, su tutti, lo slogan «Vergogna» insieme ai volontari dell’associazione Seebrücke e della Lega internazionale per i Diritti umani. Voci stridenti con i tweet del ministro Maas che, a parole, si definiva sconvolto per «la catastrofe in corso che richiede l’aiuto dei membri Ue, chiamati a chiarire rapidamente come intendono supportare la Grecia anche attraverso la redistribuzione dei profughi». Peccato che lo scorso settembre Germania, Italia, Francia, Portogallo, Lussemburgo e Malta abbiano stretto l’accordo per la suddivisione dei rifugiati solo e unicamente su base volontaria.