Maurizio Landini, ad aprile 247 mila occupati in meno in un solo mese. La crisi picchia già duro e colpisce soprattutto tempi determinati e autonomi. Il tutto con il blocco dei licenziamenti da voi voluto e che sarà in vigore fino al 17 agosto. Chiederete di allungarlo?
È’ sotto gli occhi di tutti che stiamo affrontando qualcosa di mai visto. Per questo Cgil, Cisl e Uil hanno già chiesto al governo di prorogare il blocco dei licenziamenti e la possibile proroga dei contratti a termine almeno fino al 31 ottobre. Contemporaneamente chiediamo un allungamento della cassa integrazione per Covid e che le nove settimane previste si possano utilizzare continuativamente. È necessario poi realizzare una riforma degli ammortizzatori sociali che abbia un carattere universale, che diventi diritto universale di tutte le persone che lavorano. E l’ora in cui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità e di far prevalere la funzione sociale delle imprese.

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, però continua a cannoneggiare sul contratto nazionale chiedendo di depotenziarlo e non perde occasione per attaccare il governo, dimentico dei 4 miliardi di taglio dell’Irap a tutte le imprese.
Il problema è rinnovare i contratti nazionali. Le teorie e le ricette proposte dal presidente di Confindustria sono vecchie e corrono il rischio di alimentare solo conflitti . Per far crescere il paese c’è bisogno di rinnovare i contratti, non solo dal punto di vista salariale – e noi chiediamo di defiscalizzare gli aumenti retributivi dei contratti nazionali – ma per affrontare la fase nuova che abbiamo davanti: l’innovazione tecnologica, la rimodulazione degli orari, la formazione continua, i nuovi modelli organizzativi e per ridurre la precarietà. Il modello contrattuale italiano con un contratto nazionale forte e un secondo livello aziendale, di sito o di filiera è quello che dobbiamo far funzionare per poter affrontare le nuove sfide che il lavoro le imprese hanno oggi davanti a sé. L’obiettivo comune da assumere è quello di migliorare contemporanemente le condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti e la capacità competitiva e di innovazione delle imprese.

Conte ha annunciato una specie di Stati generali dell’economia, un confronto con tutti gli «attori produttivi del paese». È una proposta che va nel solco da lei tracciato con la proposta di un nuovo contratto sociale?
Ho parlato di contratto sociale per affermare l’idea che la ricostruzione del paese si realizza nel dare dignità alle lavoratrici e ai lavoratori e a tutti i cittadini e nell’affrontare le diseguaglianze, aumentate durante la pandemia. Il confronto con tutti va benissimo, ci mancherebbe, però deve essere seguito subito da impegni precisi su cose concrete. Gli stati generali possono essere utili se aprono la strada a provvedimenti condivisi e a intese specifiche su singoli temi, cominciando dalla lotta alla precarietà per affermare un lavoro stabile, dal mezzogiorno, dal sostegno della domanda interna e da politiche industriali, a partire dalla difesa dell’ambiente e dalla digitalizzazione.

Conte ha parlato di riforma fiscale e di progressività, le basta? Lei da dove comincerebbe? Ci faccia un esempio concreto.
Da tempo Conte conosce la proposte di Cgil, Cisl e Uil sostenute in tutte le piazze italiane. Noi pensiamo ad una riforma che parta dalla lotta all’evasione fiscale, dalla riduzione del contante e dall’aumento del tracciamento. Serve rivedere gli scaglioni di Irpef per favorire lavoratori e pensionati.

Conte sembra dare grande importanza allo sblocco delle opere pubbliche. Voi però chiedete di non toccare il Codice degli appalti. Le due cose sembrano inconciliabili.
Lo dico chiaramente. Prima di emanare il decreto Semplificazioni il governo si deve confrontare con le parti sociali. Se lo scopo è la semplificazione delle procedure e di accelerare i tempi di apertura dei cantieri noi abbiamo avanzato al governo proposte precise. Non è invece accettabile liberalizzare i sub appalti o indebolire le norme sui Durc (documento di regolarità contributiva, ndr) e l’applicazione dei contratti o la legislazione o i controlli sulla sicurezza sul lavoro. Al contrario servono norme più dure contro la corruzione e le infiltrazioni mafiose di cui abbiamo visto l’esistenza purtroppo anche durante l’emergenza Covid.

[do action=”citazione”]La destra in piazza senza distanziamento. Noi abbiamo continuato ad andarci con senso di responsabilità perché la salute e la sicurezza vengono prima di tutto[/do]

Il due giugno, festa delle repubblica, si vista in piazza quasi solo la destra. Le manca scendere in piazza?
Noi non siamo mai stati assenti. E nel rispetto delle norme sul distanziamento fisico. In questi mesi noi abbiamo avuto ben chiaro in testa che la salute e la sicurezza delle persone vengono prima di tutto. Siamo stati il primo paese a fissare un protocollo che poi è stato recepito per legge e abbiamo ottenuto primi risultati importanti. Non abbiamo mai smesso di rappresentare le persone che per vivere debbono lavorare e gli interessi generali del paese. Quando è ora in piazza ci si va.