Proteste, in piazza e in Parlamento per la decisione del governo colombiano di vendere l’impresa di energia elettrica Isagen. Il presidente Manuel Santos ha ceduto alla canadese Brookfield uno dei “gioielli della corona”, sotto mira dei privati e delle multinazionali fin dalla sua creazione, il 1 maggio del 1995. I governi di Ernesto Samper, Andrés Pastrana e Alvaro Uribe hanno sempre tentato di venderla e ora c’è riuscito Santos.

Lo stato ha ceduto il 57,61% delle sue azioni, pari a 2.000 milioni di dollari, alla multinazionale vincitrice dell’asta dopo il ritiro della cilena Colbun. Un grosso affare per Brookfield, che acquisisce una delle imprese più redditizie del paese. Nel 2014, la Isagen ha realizzato un utile netto di 135 milioni di dollari (al valore attuale) e entrate per circa 714 milioni di dollari. Si calcola che la multinazionale canadese potrà ammortizzare i costi d’acquisto in 5 anni.

Il governo ha sostenuto che i proventi della vendita serviranno a finanziare un vasto piano di infrastrutture per modernizzare il paese. «La Colombia deve mantenere un tasso di investimento pari al 30% del Pil. Senza investimento, c’è recessione e disoccupazione», ha detto il vicepresidente German Vargas Llera, che aspira alla presidenza per il 2018 e per questo vuole presentarsi come l’uomo della modernizzazione. Anche Santos, che punta al Nobel per la pace come fautore della soluzione politica con la guerriglia, ha difeso la vendita della Isagen: «le condizioni del mercato adesso sono eccellenti», ha affermato.

«Con la vendita di Isagen – ha detto invece Clara Lopez, presidente del partito di sinistra Polo Democratico – rimaniamo senza imprese, senza utili, con tariffe più alte e con la necessità di aumentare le tasse». Lopez ha poi invitato «tutti i colombiani e le organizzazioni sociali a manifestare in maniera pacifica e democratica contro questa nefasta decisione del governo del presidente Santos, e a mobilitarsi in tutto il paese». Per mesi, deputati e senatori della sinistra hanno cercato di opporsi all’asta, anche per vie legali, ma senza successo.

Intanto, Usa e governo Santos preparano «una nuova versione del Plan Colombia» per governare il business del cosiddetto «post-conflitto», da realizzare dopo la prevista firma degli accordi di pace con la guerriglia entro il 23 marzo. Gli Usa promettono aiuti milionari nel segno della «lotta alla criminalità» e di nuove politiche securitarie, da mascherare con nuovi temi come lo sviluppo dell’istruzione e dell’innovazione. Il 4 febbraio, è previsto un incontro tra Santos e Obama alla Casa Bianca, appunto per commemorare il 15mo anniversario del Plan Colombia, messo in atto all’insegna del neoliberismo e delle esecuzioni mirate. Oltre a Santos, il governo statunitense ha invitato anche gli ex presidenti colombiani Pastrana e Uribe, che hanno portato avanti il Plan Colombia. A Washington, la delegazione colombiana incontrerà anche diversi gruppi di imprenditori per organizzare il post-accordo. Se a marzo vi sarà la prevista soluzione politica tra governo e guerriglia, Obama potrebbe recarsi in Colombia.
Intanto, i negoziatori di Santos si sono di nuovo recati all’Avana, dove si trovano i rappresentanti della guerriglia Farc, per accelerare i tempi. Discuteranno di disarmo, smobilitazione e concentrazione dei guerriglieri, di un cessate il fuoco bilaterale e del processo referendario voluto da Santos. Il nuovo ciclo di incontri iniziato ieri è da molti considerato «la tappa finale del processo di pace». Dopo una fase di gestazione avviata in Venezuela e in Norvegia, i negoziati sono iniziati ufficialmente all’Avana il 19 novembre del 2012.

Sugli ultimi punti sul tavolo sta lavorando dal marzo dell’anno scorso una specifica sottocommissione, composta anche da militari. Difficile, infatti, pensare a una smobilitazione in sicurezza della guerriglia se persiste la guerra sporca condotta dall’esercito e dai paramilitari contro l’opposizione sociale. Il ricordo del massacro contro l’Union Patriotica, compiuto negli anni ’80 dopo il rientro della guerriglia nel gioco istituzionale, è ancora vivo.
Per questo, le Farc hanno chiesto la partecipazione al tavolo dei rappresentanti statunitensi, che hanno finanziato la guerra sporca durata oltre cinquant’anni. Occorrerà dunque individuare quale organismo internazionale possa farsi garante degli accordi, con quale criterio verranno nominati i magistrati del Tribunale speciale per la pace e in quali zone si potrà concentrare la guerriglia e con quale statuto. Sia la guerriglia marxista che quella guevarista dell’Eln auspicano l’istituzione di «zone speciali di pace» come quelle istituite nel Caguan durante gli ultimi negoziati che portarono a degli accordi. Per questo, a febbraio dovrebbero essere approvate specifiche disposizioni di legge.
Bisogna anche raggiungere il consenso sul meccanismo per realizzare il referendum, voluto da Santos per legittimare gli accordi. Le Farc avrebbero voluto arrivare alla convocazione di un’Assemblea costituente per metter mano ai problemi del paese con un’ampia partecipazione popolare e produrre cambiamenti strutturali. In campo c’è anche la questione dei prigionieri politici, molti dei quali detenuti negli Stati uniti in condizioni durissime. Recentemente, Santos ha concesso l’indulto a una trentina di guerriglieri, condannati per pene più lievi, ma le liberazioni vanno a rilento.