Fino al 13 aprile non cambia niente. Ufficializza la scelta già anticipata dal ministro della Sanità Speranza il premier Conte, subito dopo aver firmato il dpcm che proroga tutte le misure restrittive: «Non siamo nella condizione di poterle allentare e alleviare i disagi. Se allentassimo, gli sforzi sarebbero vani». Non significa che dal 14 si inizierà, sia pur lentamente, a tornare alla normalità. Il premier disegna un percorso lungo. «Quando gli esperti ce lo diranno inizieremo a entrare nella fase 2, quella della convivenza con il virus. Poi arriverà la fase 3, quella del ritorno alla normalità». Sulle possibilità di ripartire il 14 aprile però il consulente Ricciardi gela ogni esagerato ottimismo «Non è impossibile ma molto improbabile».

ANCHE L’IPOTESI di permettere la ripresa dell’attività di alcune aziende che, pur non facendo parte delle filiere essenziali, producono componenti necessarie al funzionamento di quelle filiere è stata cassata. Troppo alto il rischio Pasquetta, quando, a fronte di segnali di allentamento, troppi potrebbero decidere di uscire comunque di casa. Uno spiraglio, per quelle aziende, resta aperto: il governo può modificare l’elenco delle aziende che continuano a produrre.

Le norme di distanziamento restano comunque tutte in vigore e anzi vengono irrigidite con il divieto degli allenamenti sportivi di ogni tipo professionali o dilettanteschi che siano. Un Conte finalmente chiaro, drastico e pronto a mettere il suo Paese di fronte alla realtà fa chiarezza anche sull’«ora d’aria» peri bambini: «Mai inteso modificare le disposizioni in vigore. L’ordinanza ha valore solo interpretativo. Vuol dire che chi esce per fare la spesa può portare con sé un bambino, che altrimenti non avrebbe mai occasione di uscire. Non che può andare a fare una passeggiata».

NEL VERTICE di maggioranza riunito a palazzo Chigi subito prima della firma del nuovo dpcm era stata soprattutto Iv a insistere per varare immediatamente le misure di sostegno alle imprese, purché non licenzino e non distribuiscano dividendi, aggirando ogni formula burocratica. Identica richiesta era partita dai tre leader dell’opposizione, che ieri hanno incontrato per la terza volta dall’inizio della crisi Conte a palazzo Chigi.

Il premier ha confermato l’intenzione di anticipare con apposito dl, che potrebbe essere varato anche domani ma probabilmente dovrà attendere la settimana prossima, le misure a sostegno della liquidità delle imprese rispetto al grosso del secondo decretone, che arriverà più tardi in aprile.

Previa nuova autorizzazione a uno scostamento di bilancio, che per ora pare aggirarsi sui 30 miliardi ma potrebbe crescere ancora e arrivare a 50, da parte del Parlamento.

IL DL IMPRESE, ha spiegato Gualtieri, «rafforzerà il sistema di garanzie dello Stato ai prestiti alle imprese». Negli auspici del ministro dell’Economia dovrebbe mettere in circolazione 200 miliardi, portando così a 550 miliardi la liquidità «liberata» dagli interventi del governo. Il Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi sarà rifinanziato per 5 miliardi. Il tetto per la garanzia statale dei prestiti sarà portato dall’80 al 90% e allargato anche alle aziende da 250 a 499 dipendenti.

Un secondo intervento dovrebbe coinvolgere invece la Cassa depositi e presti e la Bei, la Banca centrale per gli investimenti che nella strategia che le istituzioni europee stanno cercando di mettere a punto dovrebbe giocare un ruolo essenziale. Quanto al grosso del dl che arriverà nel giro di un paio di settimane, l’elemento centrale, oltre all’aumento dell’indennità per gli autonomi, sulla quale insiste sin dall’inizio l’opposizione, e agli aiuti alle famiglie, dovrebbe essere il Reddito di emergenza chiesto da M5S e da LeU, previsto per ora intorno ai 500 euro. Su questo punto decisivo, però, Gualtieri resta prudente.

L’impegno a garantire liquidità alle imprese e a rinviare sino all’autunno le regionali sono i due passaggi che il premier ha «offerto» all’opposizione come segnale di disponibilità ad accogliere i suggerimenti. I leader della destra hanno elencato le loro proposte, insistendo tra l’altro sulla necessità di erogare subito le casse integrazione e protestando perché le banche continuano a incassare le rate dei mutui. Conte ha preso appunti, si è impegnato a tener conto dei suggerimenti. Il clima era più disteso del solito. L’ora della verità arriverà al momento di tradurre in norme precise il prossimo decreto.