Un articolo del Manifesto del 21 febbraio 2006, a firma di Giovanna Ferrara, titolava «Addio al radicale della ricerca»: era morto Luca Coscioni, promotore, con l’associazione che porta il suo nome, del congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica. Lo aveva ucciso la Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) ma come ricordava Marco Pannella, nel dare la notizia della sua dipartita, «è stato ammazzato anche dalla qualità di questo Paese, dalla sua oligarchia che lo corrompe e lo distrugge.

Due anni prima, il 19 febbraio 2004, veniva approvata la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita su cui così si esprimeva il leader radicale Coscioni: «Questa legge, vietando la clonazione terapeutica e gli studi sugli embrioni soprannumerari, farà precipitare definitivamente la ricerca italiana in un baratro. Infatti gli studi sulle cellule staminali embrionali non potranno essere condotti nel nostro Paese. Vorrei che la libertà di cura non fosse solo una vuota enunciazione, ma che si traducesse, nei modi e nei tempi della scienza, e non in quelli delle convinzioni religiose, in nuove terapie liberamente accessibili in ogni parte del mondo».

Cosa è rimasto dell’appello di Luca Coscioni? Cosa è rimasto della legge 40? Di Luca è rimasta l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica che lotta per «promuovere la libertà di cura e di ricerca scientifica, l’assistenza personale autogestita e affermare i diritti umani, civili e politici delle persone malate e disabili».

Della legge 40 sono rimasti brandelli: la norma, infatti, è finita sotto processo ben 28 volte; il suo testo è stato persino modificato dalla Corte Costituzionale nel 2009, mentre i vari interventi dei tribunali nazionali e non, come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ne hanno ridefinito la corretta interpretazione. Ma tutto questo chi lo sa? Nel 2005, anno dei quattro referendum abrogativi parziali della legge, molti scienziati ricorsero allo sciopero della fame per denunciare la scarsa informazione sulla chiamata alle urne; e i radicali protestarono perché a tre settimane dal voto solo il 53% degli italiani era a conoscenza del referendum. Presentarono anche un esposto contro il Direttore Generale della Rai Flavio Cattaneo, per evidenziare che «l’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo è ancora assente o gravemente distorta: tribune collocate in orari impossibili; schede informative spesso disinformate e disinformanti». Si era nella totale assenza delle più elementari garanzie democratiche. No, scusate: si è nella totale assenza delle più elementari garanzie democratiche. Come documentato dal Centro d’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva, dal gennaio 2011 al 25 settembre 2012, sono stati soltanto 9 milioni gli ascolti consentiti ai cittadini dalle trasmissioni televisive per approfondire il tema della fecondazione assistita, che corrispondono allo 0,001% del totale dei 7,2 miliardi di ascolti disponibili.

Nello stesso periodo il tema della ricerca in relazione alle cellule staminali è stato trattato in televisione in 68 casi su quasi 17mila eventi tra Tg (63 notizie) e trasmissioni (5 volte), per un totale di 1h e mezza nei telegiornali e 20 minuti nelle trasmissioni di quasi due anni. Questi dati non possono che essere sintetizzati in teleastensione. La ricerca scientifica non interessa i media. E? stata abolita anche dall?agenda politica, in grave ritardo nel colmare il vuoto che la allontana dai cittadini in materia di diritti civili e libertà individuali. A breve ci sarà un nuovo Governo e l’appello che l’Associazione Luca Coscioni rivolge a Matteo Renzi è proprio quello di non astenersi da una campagna politica sui diritti civili: fecondazione assistita, testamento biologico, diritti delle coppie omosessuali, libertà di ricerca sugli embrioni non sono questioni di serie B. Sono questioni sociali.

 

* Addetta stampa Associazione Luca Coscioni, Redazione il Maratoneta e Voltaire su Radio Radicale