Nel giorno delle due vittime di Molfetta, la categoria di lavoratori che ha visto morire sette operai cinesi a Prato, lo scorso dicembre, non può che aprire il suo congresso con il tema della sicurezza: il segretario generale Filctem Cgil Emilio Miceli chiede non solo più controlli, ma una nuova legge che inasprisca le pene per chi viola le regole, e fa sapere che il suo sindacato si è costituito parte civile nel processo. I tessili, chimici ed elettrici hanno perso dall’inizio della crisi, dal 2008 a oggi, oltre 180 mila posti: una vera moria di fabbriche, cassa, mobilità, licenziamenti. Con alcune luci: il salvataggio di Richard Ginori e La Perla, le lotte delle lavoratrici Omsa, di Bridgestone e Ideal Standard.

La richiesta quindi al nuovo governo guidato da Matteo Renzi, proprio nel giorno in cui il premier presenta il suo primo Def, è quella di un’attenzione all’industria, ma nello stesso tempo anche all’ambiente. Equilibrio difficile per chi segue fabbriche chimiche, petrolchimici, imprese che in molti casi – tanti italiani lo sanno bene – non si fanno problemi a riversare per anni fumi, rifiuti, sostanze tossiche nell’aria, nell’acqua, nei terreni.

“L’ultimo scandalo è quello della Montedison di Bussi – ricorda Miceli, riferendosi all’ampia area abruzzese inquinata da una discarica clandestina – E lì ha sbagliato chi non ha denunciato. Ma è essenziale che verso l’ecologia, verso lo sviluppo del green vada tutto il Paese: il nostro ricorso alle rinnovabili è ancora troppo basso rispetto ad altri paesi Ue, e oltretutto restiamo dipendenti energeticamente dall’estero. Un problema che emerge soprattutto quando si manifestano crisi come quella libica, e oggi quella ucraina: a parlare in difesa di Kiev sono stati i paesi meno dipendenti dal gas russo, e tra questi non c’è l’Italia”.

Un’accusa, quella di investire poco nell’ambiente, che la Filctem non avanza solo alla politica, ma anche alle maggiori aziende energetiche italiane: “Eni ed Enel investono ancora poco nel nostro Paese -dice Miceli – Eni ha un debito nei confronti dell’Italia, perché sta riducendo al lumicino la chimica di base, nonostante siano apprezzabili alcuni sforzi che si stanno facendo verso la chimica verde”. Sul fronte del più grosso gruppo petrolifero italiano, poi, una richiesta indirizzata direttamente a Renzi, riferita al suo piano di privatizzazioni: “Oggi si chiede a Eni di indebitarsi per 8 miliardi per riacquistare il 10% delle proprie azioni. Chiediamo al premier di rinunciare a questa idea: non si può indebolire uno dei pochi gioielli di famiglia per coprire il buco dell’Imu”.

Sicurezza sul lavoro, politica industriale, ambiente: ma tutti questi nodi si scontrano con un attacco che il governo Renzi sta muovendo ai diritti del lavoro, con il rischio che la precarietà dilaghi. “Ci sono già 40 forme contrattuali – dice Miceli – E ora si vuole aggiungere quello sui contratti a termine e l’apprendistato, che rischia di spazzare via tutte le garanzie, e di rendere anche inutile quel contratto di inserimento a tutele crescenti che pure all’inizio avevamo guardato con un certo interesse”.

Sul decreto Poletti si ribadisce quindi la linea già espressa da Susanna Camusso: “Ci muoveremo per un cambio profondo di quella legge, perché non ci piace – dice il segretario Filctem – e attenzione a voler fare il Nembo Kid: il premier ascolti le parti sociali”. Miceli comunque non nega ci siano elementi positivi in alcuni provvedimenti di Renzi: “Gli 80 euro, lo sgravio Irap ottenuto grazie all’innalzamento delle tasse sulle rendite finanziarie, gli sconti energia”.

Anche la Filctem ritiene che l’Italia debba uscire dal rigore di Maastricht, debba rinegoziare i vincoli sul deficit, lo scorporo degli investimenti dal Patto di stabilità, il Fiscal compact. Infine, un lungo passaggio della relazione dedicata al congresso Cgil: Miceli difende il testo unico sulla rappresentanza, perché “fissa finalmente i criteri della rappresentanza, evita i sindacati di comodo, permette a chi è in minoranza di ribaltare gli accordi attraverso il voto dei lavoratori”: “C’è un limite nel fatto che le Rsu possono firmare accordi aziendali senza consultazioni di base: ci rifletteremo in sede di contratto nazionale”.